La Regione Veneto ha dato il via a un ambizioso studio epidemiologico retrospettivo che coinvolgerà oltre 50 mila cittadini del Vicentino, con l’obiettivo di ricostruire l’esposizione storica ai PFAS e identificare eventuali correlazioni con malattie croniche.
Si tratta di un passo significativo nella gestione della contaminazione da queste "sostanze eterne" , e un modello che potrà estendere la sua essenziale utilità all'intera nazione.
Ma vediamo i dettagli dello studio, la sua importanza in termini di salute pubblica e alcune linee guida per proteggersi dagli effetti negativi degli PFAS sul benessere complessivo dell'essere umano.
PFAS: cosa sono?
I PFAS (acronimo di Per- e Polyfluoroalchil Substances) sono una vasta famiglia di composti chimici sintetici usati per le loro proprietà idrorepellenti, oleorepellenti e di resistenza termica.
Si definiscono “eterni” perché degradano molto lentamente nell’ambiente e tendono ad accumularsi negli organismi viventi.
Ma quali sono le potenziali implicazioni per la salute?
La ricerca scientifica indica che l’esposizione a livelli elevati di alcuni PFAS è stata associata a:
- danni epatici;
- alterazioni della funzione tiroidea;
- obesità e dislipidemie;
- disturbi della fertilità;
- aumento del rischio di alcuni tumori.
Lo studio veneto: che cosa prevede
La nuova indagine è promossa da ULSS 8 Berica, Regione Veneto, Servizio Epidemiologico Regionale di Azienda Zero e Istituto Superiore di Sanità.
Si tratta di una ricerca epidemiologica residenziale retrospettiva che analizzerà dati anagrafici, sanitari e ambientali dal 1980 a oggi non prevede esami clinici diretti; si basa su registri sanitari, accessi ospedalieri e anagrafi comunali; l’obiettivo è stimare i rischi associati a diverse patologie correlate all’esposizione.
Lo studio raccoglierà i dati relativi ai residenti nei comuni che ricadono nella “zona rossa” maggiormente colpita dalla contaminazione idro-potabile da PFAS.
In precedenza, dal 2017, la Regione Veneto ha già attivato un Piano di sorveglianza sanitaria sulla popolazione esposta, con screening volontari e indagini di biomonitoraggio.
Perché questa iniziativa interessa tutta Italia
Anche se lo studio riguarda il Vicentino, il fenomeno PFAS non è circoscritto al Veneto: analisi condotte da Greenpeace hanno rilevato tracce di PFAS nell’acqua potabile di molte regioni italiane.
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In Italia, fino al 2026 non è ancora vigente un limite nazionale per il contenuto totale di PFAS nelle acque potabili.
La direttiva europea 2020/2184, la cui attuazione italiana è prevista per l’inizio del 2026, stabilisce un valore limite (sommatoria di 24 PFAS) di 100 ng/L.
I risultati dello studio veneto potranno costituire un modello di riferimento nazionale per:
- elaborare linee guida per sorveglianza e prevenzione;
- definire politiche regionali centrali;
- aumentare la consapevolezza pubblica su un rischio ambientale sottovalutato.
Ma cosa suggerisce la letteratura recente riguardo le contaminazioni e loro coinvolgimento nello stato di salute e benessere nell'essere umano?
Uno studio dell’Università di Padova ha stimato che, tra il 1985 e il 2018, nell’area contaminata del Veneto vi sia stato un eccesso di circa 3.800 decessi rispetto all’atteso, associando l’esposizione ai PFAS a un aumento della mortalità per cause cardiovascolari.
Altri lavori recenti hanno trovato relazioni dose-risposta tra livelli di PFAS e esiti sul sistema immunitario, peso alla nascita, aborti e disturbi comportamentali.
Tuttavia, molti aspetti rimangono nell'ombra, in particolare l’impatto dei livelli bassi ma prolungati e la variabilità individuale nella risposta biologica.
PFAS: cosa fare per proteggersi
Sebbene molte determinanti sono da considerarsi fuori dal controllo individuale, é possibile adottare piccoli accorgimenti che possono rivelarsi utili nella riduzione del potenziale di esposizione e conseguente contaminazione da PFAS.
Ecco alcuni punti cui porre attenzione:
- preferire acqua filtrata da sistemi certificati;
- evitare pentole antiaderenti danneggiate;
- limitare l’uso di prodotti con rivestimenti fluorurati;
- informarsi sui controlli ambientali nella propria zona.
L’avvio di questo studio epidemiologico nel Vicentino incarna, dunque, un passo necessario per la tutela della salute pubblica e un’occasione per portare una questione cruciale e delicata come quella dei PFAS nel dibattito nazionale.
I risultati che emergeranno dallo studio saranno utili a guidare interventi essenziali e concreti, non solo in Veneto, ma in ogni regione d’Italia che si trovi a confrontarsi con il problema delle contaminazioni persistenti.
Questo metodo di ricerca e studio mostra quanto e come il passato sia una colonna fondamentale per costruire politiche pubbliche più sicure per il futuro.
Fonti:
Regione Veneto - Comunicato stampa nuovo studio PFAS
Università di Padova - PFAS e maggiore incidenza di mortalità nell’”area rossa” del veneto: studio dell’Università di Padova evidenzia correlazione tra esposizione ai Pfas e mortalità per cancro e malattie cardiovascolari tra il 1985 e il 2018