Arresto cardiaco, cambia tutto: le nuove linee guida europee riscrivono la sopravvivenza

Emanuela Spotorno | Editor

Ultimo aggiornamento – 24 Ottobre, 2025

2 persone si esercitano su un manichino per simulazione arresto cardiaco

Un nuovo capitolo si apre nella gestione dell’arresto cardiaco: il European Resuscitation Council (ERC) ha lanciato le sue Linee Guida 2025, frutto di oltre 18 mesi di lavoro di più di 150 esperti provenienti da 29 paesi. 

Il messaggio è forte e chiaro: non si tratta più solo di aumentare la probabilità di sopravvivenza, ma di restituire al paziente una vita di qualità.

Nel documento, che integra le evidenze elaborate dall’International Liaison Committee on Resuscitation (ILCOR), si ridefinisce il ruolo di ciascuno nella “catena della sopravvivenza” e si punta su formazione, tecnologia e comunità come fattori chiave.

Prevenzione e allerta: il primo anello della catena ripensato

Tradizionalmente, la “catena della sopravvivenza” partiva con l’allerta dei soccorsi: le nuove linee guida aggiungono un elemento finora poco esplicito, ovvero la prevenzione attiva e il riconoscimento precoce del peggioramento clinico.

Rientra nella prima fase: saper identificare i segnali che precedono un arresto cardiaco e chiamare il 112/118 in tempo utile. Si inaugura così una visione in cui la comunità e non solo i professionisti sanitari hanno un ruolo.

Questo passaggio rappresenta una vera e propria rivoluzione culturale nella materia, sottolineando che anticipare la crisi può essere tanto importante quanto intervenire in emergenza.

Intervento immediato: compressioni, defibrillazione e l’impegno di tutti

Nel momento in cui si verifica un arresto cardiaco, le nuove linee guida confermano che occorre agire senza indugi: compressioni toraciche profonde (almeno 5 cm, non oltre 6), a una frequenza di 100-120 al minuto, e interruzioni minime. 

Il defibrillatore automatico esterno (DAE) non è più un optional riservato agli operatori: chiunque, nei limiti delle proprie possibilità, deve avviarne l’uso quanto prima.
 Inoltre, nel tabella clinica avanzata, è prevista la somministrazione di adrenalina immediata nei ritmi non defibrillabili, e dopo il terzo shock in quelli defibrillabili. 

È un cambio che sottolinea come, accanto alla cultura del “soccorritore cittadino”, la medicina d’urgenza abbia aggiornato i propri standard.

Post-rianimazione e qualità della vita: l’anello che mancava

Fino a oggi, la maggior parte degli orientamenti si focalizzava sul “ritorno alla vita” dal punto di vista della sopravvivenza, le linee guida 2025 introducono un approfondimento: l’ultima fase della catena è dedicata al recupero, al reinserimento sociale e al supporto psicologico del paziente e della sua famiglia.

La sopravvivenza non è più considerata un dato finale, bensì l’inizio di un percorso: riabilitazione cardiologica, monitoraggio neurologico, supporto ai “co-sopravvissuti” cioè ai famigliari coinvolti. È l’esempio di come la medicina di emergenza si apra anche alla salute a lungo termine e all’inclusione.

Formazione universale e ruolo della tecnologia

Un’altra svolta riguarda la formazione: a partire dai 4 anni di età, i bambini dovrebbero essere coinvolti in simulazioni e giochi di apprendimento per la rianimazione cardiopolmonare (RCP). 

Da adolescenti, si prevede l’insegnamento dell’uso del DAE e della RCP completa. L’obiettivo è creare una generazione di “soccorritori naturali” che possano intervenire rapidamente in caso di arresto cardiaco.

Parallelamente, la tecnologia assume un ruolo strategico: l’uso di app, sistemi di intelligenza artificiale, registri di defibrillatori e programmi “first-responder” avvisabili via smartphone vengono definiti strumenti fondamentali per ridurre i tempi di intervento nelle aree extraospedaliere. 

Studi preliminari in paesi scandinavi suggeriscono che tali sistemi possano abbattere i tempi di soccorso di diversi minuti, una differenza che, nel caso di stop cardiaco, può essere decisiva.


Potrebbe interessarti anche:


Sfide e prospettive per l’Italia e l’Europa

In Europa, ogni anno circa 400 000 persone sono colpite da arresto cardiaco extraospedaliero

La sopravvivenza media si aggira intorno al 7,5%, con grandi differenze fra Paesi: dal 3-4% in alcune regioni dell’Europa orientale fino al 20-25% in Paesi come Paesi Bassi e Svezia, nei quali la formazione di massa e diffusione dei defibrillatori hanno fatto la differenza.

Per l’Italia, dove esiste la legge 116/2021 finalizzata a diffondere la cultura della rianimazione, la sfida resta passare dalla norma all’applicazione concreta. Il richiamo è chiaro: ogni giorno ritardato rischia di tradursi in vite non salvate. L’implementazione rapida delle linee guida è essenziale.

Le linee guida 2025 dell’ERC non rappresentano soltanto una revisione tecnica di algoritmi e protocolli: costituiscono un manifesto culturale e sociale per la rianimazione. Ogni cittadino, ogni comunità, ogni scuola, ogni tecnologia possono contribuire a cambiare lo scenario dell’arresto cardiaco. 

La sopravvivenza non è più un traguardo, ma l’inizio di un percorso verso la vita di qualità.

Fonti:

Emanuela Spotorno | Editor
Scritto da Emanuela Spotorno | Editor

Amo da sempre i libri e la lettura e negli ultimi anni mi sono appassionata a tematiche legate al benessere, all'alimentazione e al mondo Pet. Finalmente su Pazienti.it posso scrivere di argomenti che mi coinvolgono ed appassionano.

Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
Emanuela Spotorno | Editor
Emanuela Spotorno | Editor
in Salute

249 articoli pubblicati

Contenuti correlati
Uno studio medico con un modellino del cuore sulla scrivania.
Nuovo algoritmo di Harvard predice il rischio di infarto e ictus? lo studio

Due algoritmi sviluppati da Harvard potrebbero davvero stimare con precisione il rischio di nuovi infarti o ictus a 10 anni? Scopri cosa dice lo studio.