La diagnosi precoce del morbo di Alzheimer continua a rappresentare una sfida importante per il sistema sanitario europeo.
Un’indagine condotta da IPSOS per conto di Eli Lilly, che ha coinvolto 400 neurologi in Italia, Francia, Spagna e Germania, evidenzia come l’83% degli specialisti italiani consideri fondamentale individuare la patologia nelle fasi iniziali, ma al tempo stesso solo il 20% circa dei pazienti arriva a un riconoscimento della malattia nelle fasi iniziali.
La ricerca mette in luce il divario tra le potenzialità delle nuove tecnologie diagnostiche e la realtà clinica quotidiana, segnata da ritardi, stigma sociale e limitato accesso a farmaci innovativi.
Una malattia che resta sottostimata
Secondo i dati diffusi, il 97% dei neurologi rileva che pazienti e famiglie tendono a minimizzare o nascondere i primi sintomi di demenza durante le visite, contribuendo a rallentare l’individuazione della malattia.
In Italia, si stima che l’Alzheimer interessi circa 600 mila persone, con un impatto rilevante anche sui 3 milioni di caregiver coinvolti nella gestione quotidiana della patologia.
Guardando al quadro globale, l’Organizzazione Mondiale della Sanità ricorda che le persone con demenza sono oltre 55 milioni e potrebbero superare i 139 milioni entro il 2050, con costi economici stimati già oggi superiori a 1.000 miliardi di dollari l’anno. Ù
Questi numeri sottolineano come l’Alzheimer non sia soltanto un problema clinico, ma una vera emergenza sociale e sanitaria.
Innovazione diagnostica e nuove frontiere terapeutiche
L’indagine Eli Lilly evidenzia un forte consenso sulla necessità di integrare innovazione tecnologica e approccio multidisciplinare. L’85% dei neurologi sottolinea l’importanza di introdurre nuove soluzioni diagnostiche, come i biomarcatori plasmatici, indicati dal 41% degli specialisti come strumenti cruciali per anticipare la diagnosi.
Oltre alla diagnosi precoce, anche il fronte terapeutico sta cambiando: il 73% degli intervistati ritiene che i progressi farmaceutici avranno un impatto positivo sulla qualità di vita dei pazienti e delle famiglie, aprendo scenari più promettenti rispetto al passato.
A questo si aggiunge il ruolo della medicina territoriale: il 75% degli specialisti richiama l’attenzione sull’assistenza primaria, considerata indispensabile per intercettare i primi segnali, come i disturbi della memoria, e indirizzare rapidamente verso centri specialistici.
Un altro punto emerso riguarda le disparità tra paesi europei nell’accesso ai trattamenti. La metà dei neurologi italiani intervistati segnala che le procedure di approvazione dei farmaci risultano più lente rispetto ad altre realtà, creando disuguaglianze nell’offerta terapeutica.
Garantire equità di accesso e tempestività nella diagnosi diventa quindi una priorità, non solo per migliorare la qualità di vita delle persone, ma anche per ridurre i costi a carico del sistema sanitario.
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Una sfida sanitaria e sociale di lungo periodo
L’ Alzheimer richiede un approccio integrato che unisca ricerca scientifica, innovazione tecnologica e sostegno alle famiglie. La combinazione di diagnosi tempestiva, terapie innovative e percorsi di cura strutturati rappresenta oggi la via più promettente per affrontare una patologia destinata a crescere nei prossimi decenni a causa dell’invecchiamento della popolazione.
Lo stigma resta uno dei principali fattori che ostacolano l’identificazione tempestiva. Molti pazienti esitano a parlarne con il medico di famiglia e spesso i familiari tendono a giustificare i sintomi come normali segni dell’invecchiamento.
Questo atteggiamento porta a ritardare l’accesso a centri specializzati, con conseguenze importanti: una diagnosi tardiva significa minori possibilità di beneficiare delle terapie più innovative e meno tempo per organizzare un percorso di cura adeguato.
Superare questo tabù è essenziale, lo dimostrano le campagne di sensibilizzazione promosse durante il mese mondiale dell’Alzheimer, celebrato ogni settembre, che vanno proprio in questa direzione, per informare la popolazione e spingere a riconoscere i primi segnali della malattia.
Fonti:
- Indagine IPSOS - European Neurologists’ Opinions on Alzheimer’s Disease
- WHO - World failing to address dementia challenge