Il risentimento è un'emozione diffusa e spesso sottovalutata, un'arma silenziosa impiegata contro partner, amici, familiari, colleghi e persino vicini di casa.
Ma perché lo proviamo? Come possiamo gestirlo?
Scopriamolo in questo approfondimento.
Ecco come funziona il meccanismo del risentimento
Il risentimento è spesso descritto come un'emozione "covante" o "latente", suggerendo un'incubazione graduale; a differenza dell'invidia, che è il desiderio di ciò che un altro possiede, e della gelosia, che è la paura di perdere ciò che si ha, il risentimento non emerge improvvisamente.
Chi lo prova tende a non agire per correggere la situazione, poiché è facile attribuire la causa del proprio stato al comportamento altrui; e quando la diga del risentimento cede, mesi o persino anni di rancore possono riversarsi in un'unica, devastante esplosione.
Invece di permettere al malcontento di accumularsi e covare nel tempo, gli esperti suggeriscono un approccio proattivo. La soluzione risiede in un consiglio intramontabile: comunicare le proprie esigenze al momento giusto.
Come sottolinea Kerry Howells, professoressa e autrice di Untangling You: How Can I Be Grateful When I Feel so Resentful?, un esempio può essere il malcontento provato verso il proprio partner per non aver organizzato una festa di compleanno a sorpresa: la colpa di tale dinamica non dovrebbe essere attribuita interamente a una sola parte.
Se la delusione non viene affrontata e non si decide di esprimere i propri veri sentimenti, essa continuerà a covare, trasformandosi inevitabilmente in risentimento.
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Chi ha una spiccata tendenza a compiacere gli altri, in particolare, potrebbe finire per dare priorità alla felicità altrui, accumulando silenziosamente risentimento verso gli amici per non aver intuito i loro bisogni.
Esistono, tuttavia, situazioni caratterizzate da squilibri di potere che rendono imprudente e impraticabile l'espressione diretta del proprio disagio.
Accusare un capo o una suocera invadente di aver oltrepassato i limiti può rivelarsi controproducente.
Ogni sgarbo, ogni osservazione sarcastica, ogni volta che i propri bisogni emotivi non vengono prioritizzati, viene archiviato, trasformandosi in una braciere che arde appena sotto la superficie, pronto a divampare.
Come afferma Come afferma la psicoterapeuta Israa Nasir, autrice di Toxic Productivity: Reclaim Your Time and Emotional Energy in a World That Always Demands More, “il risentimento genera disprezzo, e il disprezzo è un'emozione molto potente".
Infatti, una volta raggiunto questo stadio, concedere anche la minima tregua alla persona diventa arduo: si tende a distaccarsi, a ricorrere al trattamento del silenzio o ad adottare comportamenti passivo-aggressivi; si possono anche mettere in atto "piccoli giochetti", come l'attesa che l'altro riconosca per primo un anniversario.
“Un eccesso di risentimento può alimentare il desiderio di indebolire e pugnalare alle spalle, fungendo da valvola di sfogo per l'amarezza repressa”, come suggerisce Howells.
Si potrebbe sparlare di un collega verso cui si prova risentimento, non solo per sfogarsi, ma anche per influenzare la percezione che gli altri hanno di lui. "Pensiamo che questo migliori la situazione, ma in realtà la peggiora", afferma Howells, sottolineando come tale comportamento allontani ulteriormente la relazione.
In questa spirale negativa le fondamenta su cui la relazione è stata costruita, insieme a tutti i bei ricordi e le associazioni positive, vengono progressivamente dimenticate.
Il risentimento è l'antitesi della gratitudine, e senza di essa, si tende a vedere nell'altro solo una persona da biasimare: "La gratitudine consiste nel risvegliarsi a tutto ciò che si riceve dagli altri", spiega Howells, mentre "il risentimento ci mette in questo stato di rimuginare su ciò che ci è stato portato via".
Cosa fare per contrastare il risentimento
Esiste un approccio sbagliato all'espressione delle lamentele: quello di scaricare una valanga di risentimenti tutti in una volta sola. Infatti, è quasi impossibile recuperare un rapporto dopo che un amico o un partner ha appreso quanto a lungo e profondamente si siano covati rancori per ogni scelta compiuta nella relazione.
Prima di intraprendere una discussione è fondamentale valutare l'opportunità di sollevare i propri risentimenti.
Come afferma Nasir, "Il risentimento nasce sempre quando un bisogno non viene soddisfatto, ma bisogna riflettere su cosa si sta facendo per creare un ambiente in cui i propri bisogni non vengono soddisfatti e, naturalmente, valutare l'ambiente stesso". Quando non si assume la responsabilità delle proprie azioni (o inazioni) è probabile che si attribuisca la colpa agli altri, innescando un ciclo che si ripeterà in altre relazioni.
Esistono, però, numerosi scenari in cui una conversazione diretta e chiarificatrice per affrontare i propri bisogni insoddisfatti è non solo utile, ma necessaria.
Spesso, le persone tendono a suggerire i propri sentimenti ("Non facciamo mai una serata romantica") senza però esprimere apertamente il proprio dolore, con frasi come: "Mi sento poco importante quando passi più sere al lavoro che con me" o "Non mi sento apprezzato quando continui a cambiare i nostri piani".
La chiave è comunicare il proprio dolore direttamente, senza incolpare l'altra persona; per questo motivo si raccomandano l'uso delle affermazioni in prima persona, preferite dagli psicologi, che si concentrano sulla descrizione dei propri sentimenti e sulla volontà di ricucire la relazione.
Ad esempio, se si inizia a provare risentimento verso un amico che sembra escludere da ogni evento sociale, si potrebbe dire: "Mi sembra di non capire cosa ti stia succedendo. Credo sia perché siamo entrambi molto impegnati. Mi piacerebbe vederci una volta al mese per aggiornarci". Dunque, il punto centrale della conversazione dovrebbe essere sempre la preservazione e il miglioramento del rapporto.
I risentimenti sul posto di lavoro sono molto più insidiosi, poiché mettono a rischio il proprio sostentamento; si potrebbe tentare di esprimere al capo il senso di non essere valorizzati, o chiedere a un collega di non sminuire durante le riunioni, ma questi individui potrebbero non essere incentivati a cambiare, in quanto, tecnicamente, non ne hanno bisogno.
Per questa ragione Howells suggerisce di scrivere tutti i propri risentimenti in una lettera che non verrà mai spedita o di rivolgersi a un terapeuta per analizzare le proprie emozioni. Bisogna, infine, ricordare che il dono più grande che si può fare a se stessi è saper scegliere le proprie battaglie.