L'assillo incessante e pervasivo può esercitare un impatto profondamente deleterio sia sul benessere fisico che su quello psichico: in condizioni di stress prolungato, l'organismo innesca una complessa risposta fisiologica che culmina nella secrezione di ormoni quali il cortisolo e l'adrenalina (nota anche come la reazione di "attacco o fuga").
Come si può, dunque, cercare di contenere questo flusso di pensieri negativi?
Educare il proprio cervello a contenere i pensieri ansiogeni
Sebbene tale meccanismo di risposta acuta fornisca un temporaneo incremento energetico, cruciale per fronteggiare minacce o sfide imminenti, un'esposizione cronica ed eccessiva a questi mediatori ormonali può innescare processi infiammatori sistemici e contribuire all'insorgenza di una vasta gamma di disturbi.
Tra questi si annoverano l'astenia persistente, le turbe del sonno (quali insonnia o ipersonnia), la tensione muscolare cronica, le disfunzioni a livello gastrointestinale, una compromissione della funzionalità del sistema immunitario e, nel lungo termine, un aumentato rischio di sviluppare patologie croniche.
Infatti, quando la mente è intrappolata in uno stato di allerta e stress cronico si può percepire una pressante urgenza per ogni incombenza, come se tutto dovesse essere affrontato nell'immediato.
Tuttavia, l'istituzione di worry windows ("finestre di preoccupazione") strategiche permette di rimodulare la propria relazione con l'ansia e di rieducare il cervello: "Attraverso la pratica costante e la perseveranza," sottolinea Claudia Giolitti-Wright, psicoterapeuta matrimoniale e familiare, nonché fondatrice di Psychotherapy for Young Women, "impariamo che le preoccupazioni sono entità mentali che possiamo contenere, elaborare in modo costruttivo e persino rilasciare, lasciandole andare."
Una metanalisi pubblicata sulla rivista Clinical Psychology Review ha attestato l'efficacia di tecniche psicoterapeutiche di orientamento cognitivo, tra cui spicca la "pianificazione delle preoccupazioni" (worry scheduling), nel supportare individui affetti da Disturbo d'Ansia Generalizzato (DAG) nella riduzione della frequenza e dell'intensità dei pensieri intrusivi e nel recupero di un maggiore controllo sulla propria sfera emotiva.
Attraverso la pratica di differire attivamente le preoccupazioni a un momento prestabilito, si innesca un processo di rieducazione cerebrale volto a interrompere il ciclo del rimuginio pervasivo che altrimenti caratterizzerebbe l'arco dell'intera giornata.
Un'osservazione frequente e degna di nota è che, una volta giunti al momento designato per la "finestra di preoccupazione", le ansie che in precedenza apparivano pressanti e imminenti tendono a manifestarsi con un'intensità notevolmente inferiore, perdendo gran parte della loro carica emotiva e della loro apparente urgenza.
Giolitti-Wright paragona questa strategia a una sorta di negoziazione interna con il proprio cervello: “Si comunica al proprio sistema cognitivo: ‘Ti occuperai di questa faccenda oggi alle ore 18:00, pertanto non è necessario che tu ti preoccupi adesso'".
Limitare il tempo delle preoccupazioni: cosa fare nella pratica
Il primo passo, nella sua semplicità, consiste nel dedicare quotidianamente un intervallo di tempo compreso tra i 10 e i 15 minuti a una riflessione focalizzata.
Qualsiasi momento della giornata si presta a questo esercizio, con una significativa eccezione: l'immediato periodo pre-sonno.
La ragione risiede nel potenziale innalzamento dei livelli di cortisolo e adrenalina, ormoni dello stress, che potrebbe indurre uno stato di ipervigilanza, ostacolando l'addormentamento e la progressione verso un sonno profondo e ristoratore.
Giolitti-Wright raccomanda di non eccedere questa durata, poiché un periodo di preoccupazione eccessivamente prolungato potrebbe paradossalmente sortire l'effetto opposto, rafforzando i pensieri ansiosi anziché contenerli.
Le modalità specifiche con cui si sceglie di "preoccuparsi" durante questa finestra temporale sono assolutamente personali: alcuni potrebbero trovare beneficio nel distendersi e lasciare che i pensieri vaghino liberamente, senza opporre resistenza; altri potrebbero preferire trascrivere le proprie ansie su un diario, annotando minuziosamente ogni dettaglio che affiora alla mente.
Un'ulteriore opzione potrebbe consistere nell'esprimere verbalmente le preoccupazioni attraverso un messaggio vocale e riascoltarlo in seguito, oppure dedicarsi a un'attività fisica moderata come una passeggiata, una corsa leggera o un'escursione, per elaborare lo stato emotivo attuale attraverso il movimento corporeo.
Potrebbe rivelarsi particolarmente utile impiegare questa finestra di riflessione per sviluppare un piano d'azione concreto: in tal modo, qualora la preoccupazione dovesse riemergere in un momento successivo, sarà possibile richiamare alla mente di essersene già attivamente occupati.
Invece, per le problematiche che appaiono irrisolvibili, è consigliabile praticare l'accettazione e riconoscere che alcuni dilemmi esulano dalla propria sfera di controllo: spesso, la loro intensità emotiva si attenua una volta che si prende consapevolezza di aver compiuto ogni sforzo possibile per affrontarle.
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Indipendentemente dalla metodologia adottata, la terapeuta suggerisce di concludere la propria finestra di preoccupazione con un'attività rilassante che promuova un senso di radicamento e sicurezza interiore, come concedersi una tazza di tè caldo e confortante o scambiare un abbraccio con il proprio partner.
Si tratta di uno step essenziale per re-immergersi nelle attività quotidiane con un rinnovato senso di conclusione e distacco; come evidenziato da Giolitti-Wright: "È come aprire una finestra per far circolare l'aria e poi richiuderla.”