Il tarassaco è una pianta conosciuta da secoli per le sue proprietà naturali, ma "naturale" non è sempre sinonimo di "innocuo".
Ogni pianta officinale, compreso il tarassaco, è un complesso laboratorio chimico, un insieme di principi attivi potenti che interagiscono con la nostra fisiologia.
Quali sono le controindicazioni del tarassaco?
Pur essendo noto per le sue proprietà depurative, diuretiche e digestive, il tarassaco può avere delle controindicazioni ed essere sconsigliato:
- in presenza di queste condizioni: gastrite, ulcera peptica, epatite, infiammazione o calcoli delle vie biliari, perché stimola la produzione e il flusso della bile rischiando di peggiorare questi disturbi;
- se si stanno assumendo questi farmaci: diuretici, antinfiammatori (FANS), beta-bloccanti, ACE-inibitori o litio, perché può interagire e determinare disturbi idrosalini o aumentare la potassiemia;
- in gravidanza, allattamento, nei bambini sotto i 12 anni;
- in presenza di allergia specifica.
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Raramente può provocare irritazione cutanea o reazioni allergiche. In soggetti più sensibili, l'abuso di tarassaco può causare disturbi gastrici, lassativi o cali di pressione.
Il tarassaco in presenza di gastrite, reflusso e ulcera
Il tarassaco è un potente stimolante delle secrezioni digestive. I suoi principi amari aumentano la produzione di saliva, succhi gastrici, enzimi pancreatici e bile. In caso di digestione lenta o carente, questo effetto può essere un ottimo aiuto.
Ma in chi soffre di iperacidità, gastrite, malattia da reflusso gastroesofageo o ulcera peptica, questo stesso meccanismo diventa dannoso. L'aumento della secrezione acida nello stomaco, infatti, agisce su una mucosa già infiammata o lesionata, esacerbandone l'irritazione.
È come gettare benzina sul fuoco con il risultato di un peggioramento del dolore, del bruciore e del danno tissutale. Ecco perché l'uso del tarassaco è fortemente sconsigliato in presenza di queste patologie.
L'effetto del tarassaco su calcoli biliari e disturbi al fegato
Il tarassaco è controindicato in caso di calcolosi biliare o ostruzione dei dotti biliari. Vediamo perché.
Il tarassaco esercita un'azione profonda e potente sul sistema epato-biliare, definita da due termini specifici:
- azione coleretica: stimola le cellule del fegato (epatociti) a produrre una maggiore quantità di bile;
- azione colagoga: promuove la contrazione della cistifellea (o colecisti) e il rilassamento dello sfintere di Oddi, facilitando il deflusso della bile accumulata nell'intestino.
In un fegato sano e in assenza di ostruzioni, questo "lavaggio" delle vie biliari è benefico, aiuta a mantenere la bile fluida e a prevenire la formazione di "fango biliare". Il problema sorge quando nelle vie biliari o nella cistifellea sono già presenti dei calcoli.
La contrazione della cistifellea indotta dal tarassaco può mobilizzare questi calcoli. Se un calcolo è abbastanza piccolo da entrare nel dotto biliare ma troppo grande per attraversarlo, può rimanere incastrato, causando un'ostruzione acuta.
Le conseguenze possono essere dolorose e gravi, come una colica biliare, ittero (colorazione gialla della pelle per il ristagno di bilirubina) o, nei casi peggiori, una pancreatite acuta, un'infiammazione del pancreas potenzialmente letale. Per questa ragione, il tarassaco è controindicato in caso di calcolosi biliare o ostruzione dei dotti biliari.
Tarassaco e insufficienza renale
Sul rapporto tra tarassaco e reni circolano teorie contrastanti perché la pianta si apprezza per le sue proprietà diuretiche dovute all'alto contenuto di potassio e flavonoidi, benefiche per la funzione renale e per aumentare la produzione di urina ed eliminare liquidi in eccesso e tossine.
La situazione si capovolge in presenza di insufficienza renale. Reni con funzionalità compromessa hanno una ridotta capacità di gestire sia i liquidi che gli elettroliti. L'effetto diuretico del tarassaco potrebbe peggiorare la situazione.
Ma il pericolo maggiore deriva dal suo elevato contenuto di potassio, circa 397 mg per 100 g di foglie fresche. I reni malati non riescono a espellere il potassio in eccesso, che può quindi accumularsi nel sangue. Questa condizione, nota come iperkaliemia, è molto pericolosa e può causare gravi aritmie cardiache.
Per lo stesso motivo, la cautela è d'obbligo anche in caso di insufficienza cardiaca, dove l'equilibrio idro-elettrolitico è altrettanto critico.
Un'altra considerazione teorica riguarda gli ossalati presenti nel tarassaco. Alcuni studi suggeriscono che la pianta possa aiutare a prevenire i calcoli di ossalato di calcio in vitro, ma in persone con insufficienza renale avanzata, la ridotta capacità di escrezione urinaria degli ossalati potrebbe, in teoria, aumentare il rischio di accumulo e complicazioni.
Il tarassaco in gravidanza e allattamento
Per quanto riguarda l'uso del tarassaco durante la gravidanza e l'allattamento, la comunità scientifica adotta una posizione di massima prudenza. Non esistono studi clinici sistematici condotti su donne in gravidanza o in allattamento che possano garantirne la sicurezza.
In assenza di dati certi che escludano rischi per il feto o per il neonato (che potrebbe assumere i principi attivi attraverso il latte materno), la raccomandazione unanime delle autorità sanitarie e della pratica medica è di evitarne completamente l'uso durante questi periodi delicati.
Lo stesso principio di precauzione si applica ai bambini piccoli, per i quali l'uso è sconsigliato.
Anche in questi casi, la controindicazione non è un effetto collaterale casuale, ma una conseguenza logica e diretta della sua azione farmacologica primaria applicata a un contesto fisiologico che non può tollerare tale stimolazione.
Questo sposta la percezione del rischio da una semplice casualità a una quasi certezza fisiologica di causalità, demistificando l'idea di erbe "buone" o "cattive", e introducendo un concetto più maturo di fitoterapia basato su "meccanismo e contesto".
Tarassaco e interazioni farmacologiche
Uno degli aspetti di maggior rischio, tra i più sottovalutati nell'uso di rimedi erboristici è l'interazione con i farmaci di sintesi.
Il tarassaco non è semplicemente un'erba, ma un fitocomplesso contenente sostanze farmacologicamente attive. Quando viene assunto in concomitanza con altre medicine, può innescare reazioni chimiche nel corpo, con conseguenze che possono variare dalla riduzione dell'efficacia di una terapia vitale all'aumento del rischio di effetti collaterali gravi.
È fondamentale capire che il tarassaco agisce su organi vitali come fegato e reni, che il corpo utilizza per metabolizzare ed eliminare la maggior parte dei farmaci. Qualsiasi sostanza che influenzi questi organi può interferire con le terapie in corso.
Tarassaco e diuretici (rischio di Iperkaliemia)
L'interazione tra il tarassaco e i farmaci diuretici è una delle più intuitive ma anche delle più pericolose. Il tarassaco stesso possiede una spiccata azione diuretica, attribuita ai suoi flavonoidi e all'alto contenuto di potassio. Assumerlo insieme a un diuretico di sintesi, soprattutto con spironolattone, eplerenone o amiloride, va a sommarne gli effetti.
Il rischio principale è l'iperkaliemia, ovvero un eccesso di potassio nel sangue. Il corpo ha bisogno di potassio, ma livelli troppo elevati possono essere tossici, soprattutto per il cuore.
I sintomi iniziali possono essere subdoli:
- debolezza muscolare
- affaticamento
- nausea
- formicolio.
Un'iperkaliemia grave può portare ad aritmie cardiache potenzialmente fatali e persino all'arresto cardiaco. Data la gravità di questo rischio, l'associazione è fortemente sconsigliata senza uno stretto controllo medico dei livelli di potassio.
Tarassaco e farmaci anticoagulanti
L'interazione con i farmaci anticoagulanti (come il warfarin) e antiaggreganti (come l'aspirina o il clopidogrel) ha queste controindicazioni:
- possibile interazione con anticoagulanti/antiaggreganti: alcuni studi e fonti suggeriscono che il tarassaco possa avere la capacità di rendere le piastrine meno "appiccicose", rallentando la formazione di coaguli. Inoltre, la pianta contiene cumarine, composti che sono i precursori di farmaci anticoagulanti come il warfarin. L'assunzione concomitante potrebbe quindi potenziare l'effetto del farmaco, aumentando il rischio di emorragie, lividi e sanguinamenti difficili da controllare;
- riduzione dell'efficacia anticoagulante: il tarassaco molto ricco di Vitamina K, con 100 grammi di foglie che contengono circa 778 µg/100 g, ovvero il650–780% della dose giornaliera raccomandata. La Vitamina K è essenziale per la cascata della coagulazione ed è l'antagonista diretto del warfarin. Un apporto elevato e incostante di Vitamina K dalla dieta o da integratori può neutralizzare l'effetto del farmaco, riducendo l'INR (l'indice che misura la coagulazione) e aumentando il rischio di formazione di trombi, con conseguenze come ictus o embolia polmonare.
Questa duplice e contraddittoria natura rende l'interazione molto pericolosa. L'effetto finale dipende dalla specifica composizione chimica dell'estratto, dalla dose, dalla dieta del paziente e dalla sua risposta individuale. Ma resta che l'automedicazione in questo contesto è assolutamente da escludere.
Tarassaco e farmaci per il diabete
Diversi studi, sia in vitro che su animali, suggeriscono che il tarassaco possa avere un effetto ipoglicemizzante, ovvero la capacità di abbassare i livelli di glucosio nel sangue.
Si ritiene che composti bioattivi come l'acido cicorico e l'acido clorogenico possano migliorare la secrezione di insulina da parte del pancreas e aumentare l'assorbimento del glucosio nei tessuti muscolari, migliorando la sensibilità all'insulina.
Se questo effetto può essere interessante in un contesto di pre-diabete, diventa un rischio se il tarassaco viene assunto insieme a farmaci antidiabetici (come metformina, sulfoniluree o insulina).
L'effetto ipoglicemizzante della pianta si sommerebbe a quello del farmaco, potenziandolo in modo incontrollato con la conseguenza di ipoglicemia e sintomi quali:
- tremori;
- sudorazione fredda;
- confusione mentale;
- palpitazioni e, nei casi più gravi, convulsioni o perdita di coscienza.
Tarassaco con litio: rischio di tossicità
L'associazione tra tarassaco e litio è fortemente sconsigliata. Il litio, il farmaco che aiuta a stabilizzare l'umore nelle persone con disturbo bipolare, viene eliminato quasi tutto dai reni e la sua eliminazione dipende da quanta acqua e sali minerali ci sono nel corpo.
L'effetto diuretico del tarassaco può alterare questo delicato equilibrio e la capacità dei reni di espellere il litio. Questo meccanismo porta a un accumulo progressivo del farmaco nel circolo sanguigno, con un alto rischio di raggiungere livelli tossici.
L'intossicazione da litio è una condizione medica grave che può causare sintomi neurologici severi (tremori, atassia, confusione), insufficienza renale.
Altre interazioni del tarassaco
- antibiotici (Chinoloni): studi su animali hanno dimostrato che l'estratto acquoso di tarassaco può ridurre l'assorbimento di antibiotici della classe dei chinoloni, come la ciprofloxacina. Si ipotizza che l'alto contenuto di cationi e minerali nella pianta possa legarsi (chelare) al farmaco nell'intestino, impedendone il passaggio nel flusso sanguigno. Questo riduce l'efficacia dell'antibiotico, compromettendo la guarigione dall'infezione. Si raccomanda di distanziare di diverse ore l'assunzione del tarassaco da quella di questi antibiotici;
- FANS (Farmaci Antinfiammatori Non Steroidei): il tarassaco stimola la secrezione acida dello stomaco. I FANS (es. ibuprofene, naprossene, ketoprofene) sono noti per il loro potenziale effetto gastrolesivo. L'assunzione combinata dei due puó peggiorare la dispepsia con FANS, ma mancano dati clinici specifici; formula come prudenza in soggetti a rischio gastro intestinale;
- farmaci metabolizzati dal fegato (Citocromo P450): il fegato è il principale organo responsabile del metabolismo (la "scomposizione" e "inattivazione") della maggior parte dei farmaci. Questo processo avviene grazie a enzimi Citocromo P450 (CYP). Alcune ricerche indicano che il tarassaco può inibire l'attività di alcuni di questi enzimi, in particolare il CYP1A2 e, in misura minore, il CYP3A4. Se un farmaco viene metabolizzato da questi enzimi, l'inibizione da parte del tarassaco ne rallenterà l'eliminazione. Di conseguenza, la concentrazione del farmaco nel sangue aumenterà, potenziandone gli effetti e il rischio di tossicità.
Effetti collaterali del tarassaco
A differenza delle controindicazioni, gli effetti collaterali del tarassaco sono un'avvertenza.
Disturbi gastrointestinali
Gli effetti avversi più frequenti riguardano l'apparato digerente:
- disturbi di stomaco;
- sensazione di bruciore;
- iperacidità;
- diarrea lieve;
- flatulenza.
La causa di questi sintomi risiede proprio nella natura chimica della pianta.
Il tarassaco è ricco di sostanze amare, ovvero di composti noti come lattoni sesquiterpenici. E sono proprio questi principi attivi a conferirgli le proprietà digestive (eupeptiche), perché stimolano la produzione di succhi gastrici e bile.
In un sistema digestivo sano e non sensibile, questo meccanismo è benefico. Ma invece in persone predisposte, lo stesso stimolo può risultare eccessivo, portando a un aumento dell'acidità gastrica che si manifesta con i sintomi descritti.
Bisogna distinguere il contesto d'uso. Il consumo occasionale delle foglie giovani di tarassaco in insalata, in quantità alimentari, è considerato sicuro per la maggior parte delle persone. Il rischio di effetti collaterali aumenta con l'utilizzo di preparati concentrati come estratti secchi, tinture madri o capsule, dove la dose di principi attivi è molto più elevata.
Il tarassaco e le possibili reazioni allergiche
Un'altra categoria importante di reazioni avverse è quella allergica. Il sistema immunitario può identificare le proteine del tarassaco come una minaccia, scatenando una risposta difensiva che si manifesta con vari sintomi.
Il tarassaco appartiene alla grande famiglia botanica delle Asteraceae, nota anche come Composite. Questa famiglia comprende piante come l'ambrosia, la margherita, il crisantemo, la camomilla, l'arnica e la calendula.
Chi ha un'allergia a una di queste piante potrebbe averla anche al tarassaco per il fenomeno chiamato "reattività incrociata".
Le proteine presenti in queste piante sono strutturalmente molto simili tra loro. Di conseguenza, il sistema immunitario, già sensibilizzato verso una di esse (ad esempio, il polline di ambrosia), può "confondersi" e reagire anche quando entra in contatto con le proteine simili del tarassaco, attivando la stessa cascata allergica. Un'allergia stagionale ai pollini di queste piante, apparentemente non correlata, diventa un fattore di rischio diretto e concreto.
I sintomi allergici al tarassaco possono variare da lievi a gravi e interessare diversi apparati:
- dermatite da contatto: il semplice contatto con la pianta, in particolare con il lattice bianco contenuto negli steli, può provocare irritazioni cutanee, eruzioni e vere e proprie dermatiti allergiche. Anche in questo caso, i responsabili sono i lattoni sesquiterpenici;
- sintomi respiratori e oculari: l'inalazione del polline di tarassaco o l'ingestione della pianta possono scatenare sintomi tipici della rinite allergica (starnuti ripetuti, naso che cola, congestione nasale), della congiuntivite allergica (prurito, arrossamento e lacrimazione degli occhi) e, nei casi più severi, attacchi d'asma con difficoltà respiratorie, tosse e sibili;
- sindrome orale allergica: alcune persone possono sperimentare una reazione localizzata quasi subito dopo aver mangiato il tarassaco, con prurito, pizzicore e leggero gonfiore a labbra, lingua, palato e gola.
- allergia sistemica: anche se più rare, sono possibili reazioni allergiche generalizzate che coinvolgono tutto l'organismo.
Allergia al nichel e tarassaco
Il tarassaco può accumulare nichel dal terreno, raggiungendo concentrazioni piuttosto elevate. L'ingestione può quindi scatenare i sintomi tipici dell'allergia sistemica al nichel (SNAS), come disturbi gastrointestinali e reazioni cutanee.
Il quadro che emerge è chiaro: le stesse molecole che rendono il tarassaco un efficace tonico digestivo, ovvero le sostanze amare come i lattoni sesquiterpenici, sono anche la causa diretta di alcuni dei suoi più comuni effetti collaterali, come iperacidità e le dermatiti.
Non si tratta di componenti separati con effetti distinti, ma di due facce della stessa medaglia. Questo significa che non è possibile scindere il beneficio dal potenziale rischio a livello chimico. Se si ha uno stomaco più sensibile o una predisposizione allergica, è probabile che si reagisca proprio al meccanismo d'azione che rende il tarassaco "efficace".
Tarassaco – FAQ
Cos'è il tarassaco?
Il tarassaco è una pianta antichissima, un vegetale spontaneo, che si riconosce per i suoi fiori gialli. È parente della famiglia delle margherite. Foglie, fiori e radici sono stati tradizionalmente usati nella medicina popolare in diverse culture, dagli antichi Greci agli Egizi, ai Cinesi, non da ultimo in quella messicana e nordamericana.
Già all'epoca queste civiltà ne sfruttavano i benefici derivanti dalle loro proprietà. E ancora, nel Medioevo si usa il tarassaco come rimedio per il fegato e per le sue proprietà diuretiche.
Il nome scientifico è Taraxacum officinale o Taraxacum mongolicum, ma il tarassaco ha vari nomi, tra cui: soffione, piscialletto, cicoria dei prati, dente di leone, per la forma dentata delle sue foglie.
Quali sono le proprietà riconosciute al tarassaco?
Il tarassaco, o dente di leone, viene da sempre utilizzato in diverse applicazioni, anche se non sono tutte supportate da prove scientifiche:
- come diuretico;
- in aiuto della lattazione;
- nel trattamento del diabete e stimolazione dell'appetito;
- per la gestione di condizioni come tonsilliti gonfie, infezioni renali e infezioni del tratto urinario.
Nella medicina cinese, è stato utilizzato per ridurre gli ascessi, in particolare al seno e all'intestino.
Come si consuma il tarassaco?
Il tarassaco si può consumare in vari modi:
- come alimento: le foglie giovani si possono consumare crude in insalata oppure cotte (bollite, saltate, al vapore). I fiori e i boccioli sono usati anche sott’olio, in aceto o pastellati e fritti. Le radici tostate diventano un surrogato del caffè;
- come tisana/decotto: radici o foglie essiccate, da utilizzare per preparare infusi o decotti da bere dopo i pasti per favorire digestione e depurazione;
- come integratore disponibile in capsule, compresse o polvere;
- come tintura madre: sotto forma di gocce (idrosoluzione alcolica), da assumere con acqua secondo la posologia indicata dal produttore o da un esperto.
Fonti:
- Research Gate - Anti-diabetic effect of dandelion leaves and roots in type two diabetic patients: A systematic review
- Science Direct - Antifibrotic activity of Taraxacum officinale root in carbon tetrachloride-induced liver damage in mice
- Pub Med - Taraxacum--a review on its phytochemical and pharmacological profile
- NIH - Dandelion