Fibrillazione atriale: ha ancora senso demonizzare il caffè?

Arianna Bordi | Autrice e divulgatrice esperta in salute femminile, psicologia e salute del cervello
A cura di Arianna Bordi
Autrice e divulgatrice esperta in salute femminile, psicologia e salute del cervello

Data articolo – 20 Novembre, 2025

Primo piano di due persone con le mani tatuate che prendono insieme il caffè in delle tazzine rosse sopra il tavolo della cucina bianco

Per decenni una delle prime raccomandazioni per chi soffre di patologie cardiache, specialmente la fibrillazione atriale, quella condizione fastidiosa che si manifesta con palpitazioni, affanno e un senso di spossatezza, è sempre stata la stessa: abbandonare il caffè.

Ma questo consiglio, radicato nell'immaginario comune, ha ancora una base scientifica solida o è semplicemente un retaggio del passato?

Per rispondere in modo definitivo a questa domanda, un team internazionale di cardiologi, con la guida di ricercatori dell’Università della California di San Francisco e di Adelaide in Australia, ha dato il via a uno studio clinico randomizzato e controllato.

Scopriamo di più in questo approfondimento.

Lo studio DECAF: la sperimentazione

L’indagine si chiama DECAF, acronimo che svela l'intento: Does Eliminating Coffee Avoid Fibrillation? (Evitare il caffè previene la fibrillazione?).

Per mettere alla prova l'effetto della caffeina su un cuore "sregolato," gli scienziati hanno arruolato duecento persone con una diagnosi di fibrillazione atriale cronica e con un quadro clinico sufficientemente serio da renderle candidate a una cardioversione, la procedura che, tramite una stimolazione elettrica, ha il compito di resettare il ritmo cardiaco.

Il gruppo di partecipanti, curato tra Canada, Australia e USA, era composto da 141 uomini e 59 donne, con un'età media di 69 anni, e tutti avevano la comune abitudine di bere caffè da almeno cinque anni prima dell'avvio dello studio.

Dopo aver subito la cardioversione, i pazienti sono stati suddivisi in due gruppi: a un gruppo è stato chiesto di bere regolarmente almeno una tazza al giorno (inteso come caffè americano, NdA)  di caffè o di una qualsiasi bevanda contenente caffeina; all’altro, invece, è stato imposto di eliminare categoricamente non solo il caffè (perfino il decaffeinato), ma qualsiasi altra bevanda contenente caffeina.


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È interessante notare come l'abitudine di base fosse simile in partenza, con un consumo settimanale di 7 tazze in entrambi i gruppi prima dell'inizio dello studio.

Questo regime è stato mantenuto per sei mesi consecutivi e durante il semestre i ricercatori hanno monitorato attentamente ogni paziente, registrando ogni singolo episodio di flutter atriale, l'aritmia caratteristica che porta il cuore a battere ad una velocità impressionante, di solito tra i 250 e i 350 battiti al minuto (contro la normalità di 60-100).

Il verdetto dello studio DECAF ha lasciato tutti a bocca aperta:

  • tra coloro che avevano bevuto caffè, gli episodi di flutter atriale si sono registrati nel 47% dei casi;
  • nel gruppo di chi non aveva bevuto caffè la percentuale era nettamente più alta: ben il 64%.

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Tradotto in cifre, dunque, il consumo di caffè ha comportato una diminuzione del 39% delle aritmie gravi, suggerendo, contro ogni aspettativa, un vero e proprio effetto protettivo sul cuore.

Va sottolineato che non è stata registrata alcuna differenza significativa negli eventi avversi tra i due gruppi, indicando che il consumo moderato di caffè non ha aumentato i rischi.

Perché il caffè protegge?

Sebbene lo studio non fornisca una prova diretta che il caffè sia l'unica causa di questa diminuzione (potrebbe esserci un legame con il fatto che i bevitori di caffè magari consumano meno altre bevande zuccherate o nocive), si conoscono diverse proprietà che possono spiegare questo fenomeno:

  • azione antinfiammatoria: il caffè è una fonte ricca di antiossidanti, noti per il loro potenziale ruolo antinfiammatorio;
  • effetto diuretico: il caffè è diuretico e quando il cuore non lavora in modo efficiente la ritenzione idrica è un problema, quindi i diuretici sono spesso la prima linea di difesa farmacologica.

I dati raccolti da DECAF, dunque, hanno portato a una conclusione netta e rilevante per la pratica clinica: in questo studio, su pazienti che consumavano caffè dopo una cardioversione riuscita, l'assunzione regolare di caffè con caffeina si è associata a una minore incidenza di recidiva di FA o flutter atriale rispetto alla completa astinenza da caffè e caffeina. Si tratta di un dato che sfida le vecchie credenze e suggerisce un nuovo approccio.

Fonti:

JAMA Network - Caffeinated Coffee Consumption or Abstinence to Reduce Atrial Fibrillation. The DECAF Randomized Clinical Trial

Le informazioni proposte in questo sito non sono un consulto medico. In nessun caso, queste informazioni sostituiscono un consulto, una visita o una diagnosi formulata dal medico. Non si devono considerare le informazioni disponibili come suggerimenti per la formulazione di una diagnosi, la determinazione di un trattamento o l’assunzione o sospensione di un farmaco senza prima consultare un medico di medicina generale o uno specialista.
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