Un secolo e oltre: questa è la straordinaria parabola di Maria Branyas Morera, la persona più longeva del mondo, nata a San Francisco nel 1907 e spentasi a Olot, Catalogna, nel 2024, all'età record di 117 anni e 168 giorni.
La sua lunga vita non è stata solo una questione di longevità anagrafica, ma un vero e proprio viaggio attraverso la storia: è sopravvissuta alla Grande Guerra, all'influenza spagnola del 1918, alla Guerra Civile Spagnola e persino alla pandemia di COVID-19, superata con sintomi lievi.
Un'esistenza così eccezionale non poteva che attirare l'attenzione della scienza: vediamo nel dettaglio cosa è emerso.
L'indagine scientifica sulla vita record
Il team di ricerca dell'Istituto di Ricerca sulla Leucemia Josep Carreras, coordinato dal genetista Manel Esteller e guidato da Eloy Santos, ha condotto uno studio approfondito sul profilo biologico della supercentenaria.
Utilizzando tecniche minimamente invasive (come campioni biologici di sangue, saliva, urine e feci), gli scienziati hanno esaminato ogni strato della sua biologia: dal genoma al proteoma, dall'epigenoma al metaboloma e al microbioma intestinale.
I risultati di questa "autopsia molecolare" di una vita eccezionale, che mirano a fornire indizi cruciali sull'invecchiamento sano, sono stati pubblicati sulla prestigiosa rivista Cell Reports Medicine.
Nonostante alcuni indicatori, come i telomeri eccezionalmente corti (i cappucci protettivi dei cromosomi, segnale inequivocabile di un'età cellulare avanzata) confermassero la sua anzianità, il suo profilo biologico sfidava la norma; in modo sorprendente, Maria mancava di molti dei marcatori molecolari associati alle patologie tipiche dell'età estrema.
Le armi segrete contro l'invecchiamento
Lo studio ha messo in luce una combinazione di fattori che sembrano aver disaccoppiato l'invecchiamento dalla malattia:
- vantaggio genetico: l'analisi del DNA ha rivelato varianti genetiche rare che agivano come scudi, proteggendo specificamente le cellule del cuore e del cervello da demenza e altre malattie degenerative;
- metabolismo super-efficiente: il suo profilo metabolomico ha mostrato un metabolismo lipidico altamente efficiente: colesterolo HDL "buono" elevato e livelli bassi di trigliceridi e VLDL;
- difesa anti-infiammatoria: i suoi bassi livelli di infiammazione sistemica (riduzione dei marcatori GlycA e GlycB) e un'età biologica inferiore di circa 23 anni rispetto a quella cronologica, come calcolato dagli indicatori epigenetici hanno rappresentato una difesa fondamentale, aiutandola a evitare malattie croniche come il diabete e il cancro;
- telomeri "protettivi": l'estrema brevità dei suoi telomeri, pur essendo un chiaro segno di invecchiamento, potrebbe paradossalmente aver avuto un ruolo protettivo contro il cancro. Limiti così estremi alla replicazione cellulare avrebbero infatti potuto impedire alle cellule mutate di proliferare in tumori maligni;
- il microbioma "ringiovanito": l'analisi del suo microbioma intestinale ha rivelato una diversità superiore alla media e un'insolita abbondanza di Bifidobacterium, un genere batterico che tipicamente declina negli anziani. Una composizione "giovane", favorita probabilmente dalla sua dieta mediterranea ricca di yogurt, è associata a favorevoli risposte antinfiammatorie e metaboliche.
In sintesi, la sua longevità non era solo questione di tempo, ma di una biologia resistente e di un destino genetico fortunato che le hanno permesso di invecchiare senza ammalarsi.
Cosa trarre dai risultati? Ecco gli obiettivi dei ricercatori
Esteller ha sottolineato il valore trasformativo dei dati: "I nostri risultati ci hanno permesso di identificare fattori che potrebbero aiutare molte persone anziane a vivere una vita più lunga e sana. Abbiamo, ad esempio, identificato geni specifici associati a una sana longevità e che possono quindi rappresentare nuovi obiettivi per lo sviluppo di farmaci".
Oltre alla genetica, la biologia eccezionale di Maria Branyas offre una potente conferma del ruolo cruciale dello stile di vita: "Ancora più importante, i dati della signora Branyas confermano che avere un buon profilo cardiolipidico e metabolomico è collegato a una vita più lunga e migliore," ha aggiunto il genetista. "Sappiamo dal suo racconto che evitava di mangiare troppi grassi e zuccheri raffinati."
Un metabolismo efficiente, dunque, non è solo una fortuna genetica, ma il risultato di scelte consapevoli che la scienza spera ora di poter replicare farmacologicamente per tutti.
Nonostante le scoperte sensazionali, l'esperto genetista Esteller pone, però, l'accento sulla complessità: non esiste una "risposta unica" alla domanda sulla longevità di Maria Branyas.
L'invecchiamento sano, spiega, è un "processo altamente individualizzato", un complesso arazzo tessuto dall'interazione di innumerevoli piccoli fattori, non dall'azione di una singola caratteristica dominante.
Lo scopo di questi studi, infatti, non è trovare una singola cura, ma isolare questi fattori interconnessi per identificare degli elementi comuni trasferibili.
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"La regola base è che invecchiando ci ammaliamo di più, ma lei era un'eccezione e volevamo capirne il motivo," ha proseguito, evidenziando il valore didattico della supercentenaria. "Per la prima volta, siamo riusciti a distinguere l'essere anziani dall'essere malati e possiamo sviluppare farmaci per riprodurre gli effetti dei geni buoni."
In sostanza, il caso di Maria Branyas Morera non offre solo un record di longevità, ma uno spunto rivoluzionario per la ricerca, dimostrando che l'estrema vecchiaia non è intrinsecamente legata alla malattia e aprendo la strada a interventi farmacologici mirati a "copiare" gli effetti dei suoi geni protettivi.
Fonti:
Cell Reports Medicine - The multiomics blueprint of the individual with the most extreme lifespan