Una nuova ricerca, condotta dalla University of Pittsburgh apre scenari promettenti sul legame tra attività fisica e prevenzione oncologica. Secondo lo studio, l’effetto anticancro dell’esercizio fisico non dipenderebbe solo dalla risposta immunitaria in senso generale, ma anche, e soprattutto, dai cambiamenti che l’attività motoria induce nel microbiota intestinale.
Vediamo cosa dice lo studio e la sua rilevanza in ambito scientifico e sanitario.
Una nuova ipotesi: il movimento fisico agisce attraverso i microbi
Da tempo è noto che l’esercizio fisico, quando praticato in modo costante e regolare può contribuire a prevenire lo sviluppo di diversi tipi di tumore e a rallentare la progressione di quelli già diagnosticati.
Tuttavia, le basi molecolari di questo effetto non sono sono mai state definite da una spiegazione chiara. Oggi, invece, il team guidato da Marlies Meisel ha messo in luce un possibile meccanismo chiave: la modulazione dei batteri intestinali e dei loro metaboliti.
Nello studio, pubblicato nei giorni scorsi, i ricercatori hanno confrontato due gruppi di topi affetti da melanoma aggressivo: uno allenato per quattro settimane, l’altro sedentario.
I risultati sono stati netti: i topi allenati presentavano tumori più piccoli e una maggiore sopravvivenza. Tuttavia, nei topi privi di microbi, o trattati con antibiotici ad ampio spettro, l’effetto protettivo dell’esercizio svaniva.
Questo evento evidenzia che il beneficio passi attraverso il microbiota, e non meramente dal movimento fisico.
Ma come è stato condotto lo studio?
Per identificare le molecole coinvolte, i ricercatori si sono avvalsi dell’intelligenza artificiale, che ha isolato tra le migliaia di metaboliti batterici un composto in particolare: il formiato. Questa molecola, prodotta da specifici batteri intestinali in risposta all’esercizio, sembra aumentare la potenza delle cellule T CD8, protagoniste della risposta immunitaria contro le cellule tumorali.
L’effetto è stato osservato anche in esseri umani: in un gruppo di 19 pazienti con melanoma avanzato, chi presentava livelli più alti di formiato mostrava una maggiore sopravvivenza libera da progressione rispetto a chi ne aveva livelli più bassi.
“Questa ricerca evidenzia l’importanza di analizzare non solo quali batteri sono presenti nel microbiota, ma quali molecole producono”, ha dichiarato Meisel.
Dalla scoperta a nuove strategie di prevenzione
Secondo Ken Lau, esperto di microambiente intestinale alla Vanderbilt University, si tratta di uno studio di grande rilevanza. Il motivo risiede nella possibilità di immaginare strategie personalizzate di prevenzione e supporto terapeutico basate non solo sul movimento, ma anche sull’ottimizzazione dei metaboliti intestinali.
Tuttavia, Lau invita alla cautela: “Cosa accade se il paziente smette di allenarsi? L’effetto si annulla, o persiste nel tempo? Ci sono ancora molte domande a cui rispondere.”
Al momento, il team di Meisel sta proseguendo le ricerche per comprendere se i cambiamenti indotti dall’esercizio nel microbiota possano avere un impatto anche su altre patologie, oltre ai tumori. In attesa di ulteriori conferme, il messaggio sembra chiaro: muoversi fa bene, anche a livello molecolare.