Microbiota intestinale: diversi studi scientifici indagano la sua influenza positiva sulla salute mentale

Arianna Bordi | Editor

Ultimo aggiornamento – 21 Agosto, 2025

Ricercatrice in laboratorio che con occhiali specifici e guanti blu osserva al microscopio dei campioni

I batteri che popolano il nostro intestino, un ecosistema di miliardi di microrganismi noto come microbiota intestinale, sembrano avere un ruolo nella salute mentale e neurologica.

Per ora si tratta solo di correlazioni, ma la ricerca suggerisce un legame più profondo: studi sui roditori indicano che il microbiota può influenzare direttamente il cervello e gli scienziati hanno già individuato diversi meccanismi attraverso cui questo "dialogo" avviene.

Scopriamo di più in questo approfondimento.

Lo studio e il background della letteratura scientifica

La ricercatrice di Valerie Taylor, psichiatra dell'Università di Calgary in Canada, racconta che due suoi contatti iniziali "erano malati da tempo e nessun trattamento aveva funzionato" e ciò che le aveva colpite era che dopo aver assunto degli antibiotici "i loro sintomi erano completamente cambiati". Le avevano chiesto se ci fosse un collegamento, e Taylor rispose: "Non ne avevo idea, ma volevo scoprirlo".

Nel 2016 questa curiosità fu stimolata da due studi emergenti che mostravano come il trapianto di materiale fecale da pazienti depressi a roditori provocasse nei topi comportamenti simili alla depressione; Taylor definì questi risultati "davvero interessanti", perché suggerivano una nuova prospettiva: la malattia mentale poteva essere "trasmessa come si può contrarre il morbillo".

Uno degli studi era guidato da John Cryan, neurobiologo dell'University College Cork: Cryan e il suo team avevano già indagato l'influenza del microbiota intestinale su condizioni legate allo stress come ansia e depressione; sebbene avessero riscontrato differenze nel microbiota tra individui depressi e sani, si trattava solo di un'associazione.

Poi, durante la loro sperimentazione, i ratti a cui è stato trapiantato il microbioma di persone depresse hanno sviluppato anedonia (perdita di interesse e piacere), comportamenti ansiosi e un'alterazione del metabolismo del triptofano.

Infatti, gli esseri umani ricavano il triptofano dalla dieta, e i microbi intestinali giocano un ruolo chiave nel metabolizzarlo, convertendolo in molecole come il neurotrasmettitore serotonina.

Un secondo studio, condotto da un team cinese della Chongqing Medical University, ha confermato questi risultati nei topi, osservando anch'esso dei cambiamenti metabolici.

Nel dicembre 2023 Cryan e i suoi colleghi hanno esteso queste scoperte, dimostrando che i sintomi del disturbo d'ansia sociale possono essere trasferiti ai roditori tramite trapianto fecale.


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Sebbene questi topi si comportassero normalmente nei test standard su depressione e ansia, mostravano una maggiore sensibilità alla paura sociale, con modifiche alla funzione immunitaria e al sistema dell'ossitocina, cruciale per il comportamento sociale.

La psichiatra Viktoriya Nikolova del King's College di Londra aggiunge che "Questo stesso paradigma di trapianto di microbiota fecale negli animali è stato replicato per le caratteristiche autistiche e la psicosi".

Questi studi hanno spinto Taylor e il suo team a esplorare l'applicazione di tali scoperte a terapie per l'uomo. "Ci siamo chiesti se, se una malattia poteva essere trasmessa in questo modo, si potesse fare anche il contrario", spiega Taylor.

Il loro primo studio si è concentrato sul disturbo bipolare, una condizione notoriamente difficile da trattare e considerata fortemente genetica; Taylor riteneva che se fossero riusciti a ottenere un risultato con una patologia così complessa, avrebbero potuto avere successo anche con altri disturbi. 

Inoltre, credeva che l'approccio più promettente sarebbe stato un trapianto fecale completo, piuttosto che l'aggiunta di specifici ceppi microbici: "Avevamo bisogno di trapianti fecali per vedere cosa succede quando si resetta completamente la situazione", afferma. "Pensavamo che se non avessimo visto nulla, non avremmo continuato con i probiotici, perché probabilmente non avrebbero funzionato neanche quelli".

I risultati preliminari hanno incoraggiato il team a proseguire e ttualmente sono in corso tre studi clinici, a vari stadi di avanzamento: due sulla depressione e uno sul disturbo ossessivo-compulsivo; è, poi, in programma anche un ulteriore studio sul disturbo da deficit di attenzione e iperattività (ADHD).

Cosa sappiamo ora e le sfide future

Per una comprensione completa saranno necessari studi clinici che analizzino il maggior numero possibile di biomarcatori: si includeranno marcatori immunitari, ormoni, neurotrasmettitori e metaboliti.

Questi studi dovranno anche tenere conto di fattori esterni che possono influenzare il microbiota e la salute mentale, come lo stile di vita, la dieta e la genetica.

Cryan afferma che "Abbiamo bisogno di studi longitudinali su larga scala che coprano l'intero arco di vita, combinati con imaging cerebrale e altre letture di biomarcatori che ci forniranno una reale comprensione".

Un'ulteriore complessità risiede nell'interazione ancora poco chiara tra farmaci psichiatrici e probiotici: infatti, questi ultimi potrebbero potenziare l'azione degli antidepressivi o agire attraverso un meccanismo completamente diverso.

Molti antidepressivi comuni agiscono sulla serotonina, e alcuni studi mostrano che i probiotici possono aumentarne la sintesi. Questo potrebbe rendere i probiotici un utile complemento a farmaci come gli SSRI (inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina), potenziandone l'effetto. 

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Inoltre, Nikolova suggerisce che i probiotici potrebbero attenuare gli effetti collaterali che i farmaci stessi hanno sul microbiota, migliorando il benessere generale.

È anche possibile che i probiotici abbiano un effetto additivo: la riduzione di dopamina e noradrenalina è stata collegata a depressione e ansia, ma gli SSRI non hanno potere su questi neurotrasmettitori; un meccanismo che potrebbe spiegare perché le persone con una forma di depressione ansiosa spesso non rispondono bene agli antidepressivi.

Affinché i dati sul microbiota possano essere utilizzati a fini diagnostici e prognostici, dunque, i ricercatori hanno bisogno di un quadro ad alta risoluzione dei cambiamenti del microbiota e delle loro conseguenze.

Marx afferma che "gli approcci multiomici stanno iniziando a fornire informazioni sui modelli funzionali che potrebbero predire la risposta al trattamento o il rischio di malattia".

In futuro, "un giorno potremmo personalizzare l'assistenza psichiatrica in base al profilo microbico e metabolico di una persona". Quel giorno, però, è ancora lontano, principalmente perché, come sottolinea lo studioso, "la maggior parte dei risultati non è convalidata in ampie coorti cliniche".

Fonti:

  • Nature - Why nurturing the gut microbiota could resolve depression and anxiety;
  • Molecular Psychiatry - Gut microbiome remodeling induces depressive-like behaviors through a pathway mediated by the host’s metabolism;
  • Journal of Psychiatric Research - Transferring the blues: Depression-associated gut microbiota induces neurobehavioural changes in the rat;
  • Neurotherapeutics - Anxiety, Depression, and the Microbiome: A Role for Gut Peptides
Arianna Bordi | Editor
Scritto da Arianna Bordi | Editor

Dopo la laurea in Letteratura e Lingue straniere, durante il mio percorso di laurea magistrale mi sono specializzata in Editoria e Comunicazione visiva e digitale. Ho frequentato corsi relativi al giornalismo, alla traduzione, alla scrittura per il web, al copywriting e all'editing di testi.

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