Che si tratti di un colpo di tosse che risuona o di un naso che cola ininterrottamente, stare vicino a chi ha il raffreddore o l'influenza non è mai piacevole.
Una nuova e affascinante ricerca, però, suggerisce che la nostra reazione va ben oltre il semplice fastidio, dimostrando quanto il nostro corpo sia incredibilmente reattivo al potenziale pericolo di contagio.
Quando la vista ci mette in allerta
Uno studio pubblicato su Nature Neuroscience ha rivelato che il solo fatto di vedere qualcuno che sembra malato è sufficiente per attivare una risposta immunitaria nel nostro corpo; non è necessario un contatto o uno starnuto, basta un indizio visivo.
Per scoprirlo circa 250 partecipanti sani sono stati immersi in cinque esperimenti usando visori per la realtà virtuale (VR) e osservavano ripetutamente volti virtuali avvicinarsi, mantenendo espressioni neutre: ad alcuni venivano mostrati volti che presentavano segni di infezioni virali (come eruzioni cutanee), mentre altri vedevano volti neutri o spaventati.
Il fulcro dello studio
Il punto cruciale è arrivato quando i ricercatori hanno misurato la distanza di sicurezza percepita dai volontari.
In un esperimento i partecipanti dovevano segnalare non appena percepivano un leggero contatto mentre gli avatar si avvicinavano: ebbene, i volontari premevano il pulsante (segnalando un "contatto" più vicino) molto prima, quando i volti mostravano segni di malattia, rispetto ai volti neutri o spaventati; in pratica, accorciavano la "bolla" di sicurezza quando la minaccia era visibile.
L'indagine non si è fermata al comportamento. I test EEG e le risonanze magnetiche funzionali (fMRI) hanno svelato cosa accadeva nel cervello:
- attivazione cerebrale: l'attività elettrica del cervello evidenziava un'attivazione significativa della zona che monitora lo spazio vicino al nostro corpo (spazio peripersonale) quando i volti malati si avvicinavano;
- centri di rilevamento minacce: differenze che erano concentrate nelle aree del cervello dedicate al rilevamento delle minacce e dei pericoli. Le fMRI hanno confermato un maggiore collegamento tra questi centri di allarme e la parte del cervello responsabile della regolazione corporea.
Ma la scoperta più sorprendente è arrivata dal corpo: infatti, il sangue dei partecipanti che osservavano i segni di malattia mostrava un'attività immunitaria simile a quella di persone che avevano ricevuto il vaccino antinfluenzale, pur non avendo preso parte alla VR.
La co-autrice Camilla Jandus, immunologa presso l'Università di Ginevra, ha spiegato che si è verificata l'attivazione delle cellule linfoidi innate (ILC), definite le "prime a rispondere all'immunità, sostanzialmente allertando altre cellule immunitarie".
Secondo Andrea Serino, neuroscienziato presso l'Università di Losanna, questa scoperta potrebbe un giorno essere utilizzata per poter ampliare l'impatto di un vaccino sfruttando anche la reazione psicologica e visiva, per stimolare una risposta immunitaria più forte e duratura; potrebbe, inoltre, anche aiutare alcuni farmaci ad agire meglio, potenziando la risposta del sistema immunitario prima o durante il trattamento.
Come ben sanno tutti coloro che soffrono di allergie, il nostro sistema immunitario è incredibilmente sensibile: lo studio dimostra, però, una sintonizzazione ancora più fine: l'immunità può essere innescata non solo da un agente patogeno, ma da una minaccia simulata.
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Gli autori hanno riassunto questo meccanismo con una potente metafora: "Sebbene sorprendente, la nostra scoperta che le risposte immunitarie possono essere innescate da infezioni simulate presentate in realtà virtuale è coerente con il principio del rilevatore di fumo nei sistemi biologici." Il nostro corpo è programmato per agire in fretta e in anticipo, anche con un falso allarme visivo, pur di proteggerci.
Fonti:
Nature Neuroscience - Neural anticipation of virtual infection triggers an immune response