È stato pubblicato un nuovo rapporto che dipinge l'allarmante quadro delle disuguaglianze alimentari e delle conseguenze sulla salute ad esso annesse. Si tratta del rapporto a cura della Commissione EAT-Lancet sui sistemi alimentari globali.
L’indagine, condotta da un gruppo multidisciplinare di esperti di salute pubblica, nutrizione ed economia, mostra che più della metà della popolazione mondiale non ha accesso a una dieta realmente sana. Ma cosa significa in termini di salute pubblica?
Quanto emerge dalle analisi non si limita a svelare un mero problema legato alla sicurezza alimentare o alla sostenibilità ambientale, ma intercetta una questione centrale di equità sociale che va a riversarsi sulla salute pubblica.
Secondo gli autori, infatti, la disuguaglianza alimentare incarna uno dei principali fattori che determinano la distribuzione del rischio di malattie croniche e l’aspettativa di vita.
Disuguaglianza alimentare: il rapporto del Lancet
Il documento mette in luce le “asimmetrie di potere” del sistema alimentare globale: sono pochi e grandi attori quelli che controllano la maggior parte della produzione e distribuzione del cibo, condizionando in questo modo le scelte politiche e i prezzi dei prodotti alimentari.
Ne consegue una diversificazione delle possibilità di accesso ad una sana alimentazione per fasce sociali. Coloro i quali hanno uno stipendio insufficiente all'acquisto di cibi di qualità saranno più esposti alle conseguenze di una dieta non salutare.
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Nel rapporto si stima che oltre 3,7 miliardi di persone vivano in contesti dove manca un accesso affidabile a cibo sano, condizioni ambientali adeguate o salari dignitosi.
In evidenza emergono anche contraddizioni interne: il 32 % dei lavoratori del settore alimentare percepisce meno di un salario dignitoso e soltanto meno dell’1 % della popolazione mondiale vive nello “spazio sicuro e giusto” definito dalla Commissione, dove limiti ambientali e diritti sociali vengono rispettati simultaneamente.
Disuguaglianza alimentare: le conseguenze per la salute
Gli autori del Lancet avvertono che le diete non salutari rappresentano oggi la prima causa di malattie non trasmissibili a livello globale.
La disuguaglianza alimentare amplifica tale fenomeno creando una sorta di doppia trappola. Da un lato, la sovra-nutrizione basata su cibi ultraprocessati e ricchi di zuccheri e grassi; e dall’altro sotto-nutrizione e carenze di micronutrienti nei contesti più fragili.
Entrambe le situazioni conducono a patologie croniche e a un incremento della mortalità prematura.
Gli effetti principali indicati nel rapporto sono:
- sovra-nutrizione nelle fasce di popolazione che hanno accesso quasi esclusivo a prodotti ad alto contenuto calorico ma poveri di nutrienti, con aumento di obesità, diabete di tipo 2, ipertensione e malattie cardiovascolari;
- sotto-nutrizione e carenze di vitamine e minerali in contesti a basso reddito, con ritardi nello sviluppo infantile, ridotta immunità e maggior rischio di complicanze in gravidanza;
- cumulazione degli svantaggi: chi vive in condizioni socioeconomiche fragili non solo si alimenta peggio ma ha anche minore accesso alle cure necessarie, così esponendosi a un rischio sanitario più elevato e persistente.
Il documento stima che l’adozione globale di una dieta sana, come la “Planetary Health Diet” proposta dalla Commissione, potrebbe prevenire fino a 15 milioni di morti premature all’anno e ridurre del 27 % il rischio di morte prematura rispetto alle diete attuali. Garantire un accesso equo a questo tipo di alimentazione è quindi, secondo gli autori, non solo un obiettivo sanitario ma un vero e proprio diritto umano.
Cosa serve? Lungimiranza e politiche più eque
Il rapporto non si limita a dipingere dal vero la situazione, ma indica alcune direttrici di intervento utili a limare le disuguaglianze alimentari e i loro effetti sulla salute delle persone.
Ecco quelle che spiccano come raccomandazioni principali:
- rafforzare i sistemi di protezione sociale e i salari dignitosi nel settore alimentare, per migliorare il potere d’acquisto delle famiglie;
- rendere economicamente più accessibili frutta, verdura, legumi e alimenti integrali, ad esempio attraverso incentivi fiscali o sussidi mirati;
- introdurre politiche di disincentivo verso i cibi ultraprocessati e ad alto contenuto di zuccheri e grassi, destinando i proventi a programmi di educazione nutrizionale.
Risulta evidente come la disuguaglianza alimentare incarni una sfida di salute pubblica e di giustizia sociale che non può essere tralasciata né rimandata.
In assenza di una ridefinizione profonda degli equilibri sull'accesso a un'alimentazione salutare e sostenibile, sarà scientificamente impossibile ridurre in modo significativo il carico globale di malattie croniche e morti che di fatto sarebbero evitabili.
Fonti:
The Lancet - Food in the Anthropocene: the EAT–Lancet Commission on healthy diets from sustainable food systems