Uno studio, condotto dagli epidemiologi della Harvard T.H. Chan School of Public Health di Boston e pubblicato su Jama Oncology, solleva serie preoccupazioni riguardo al ruolo del cibo industriale (ultra-processato) nello sviluppo del cancro del colon-retto in età precoce.
Scopriamo di più.
La composizione degli alimenti ultra-processati
Inizialmente questi cibi erano limitati a prodotti pronti da mangiare (come gli snack) o i “pronti da cuocere” surgelati e non (come i bastoncini di pesce); oggi, però, la gamma è molto più vasta.
Si tratta di prodotti tendono ad essere poveri di fibre e vitamine ma ricchi di grassi saturi, zuccheri e dolcificanti.
La presenza di additivi in questi alimenti è un fattore chiave che, secondo gli esperti, potrebbe alterare il microbiota intestinale, aumentare l'infiammazione e, in ultima analisi, contribuire alla carcinogenesi del colon-retto.
Il contesto di partenza
La ricerca stabilisce un legame tra l'elevato consumo di questi alimenti, che includono snack, bibite, cibi pronti e merendine, e la comparsa di formazioni che sono considerate precursori di questo tipo di tumore ad esordio precoce.
Negli ultimi decenni l'attenzione si è concentrata sull'aumento delle diagnosi di cancro del colon-retto prima dei 50 anni.
Parallelamente a questo trend allarmante, anche la nostra alimentazione è cambiata drasticamente: il consumo di alimenti ultra-processati è cresciuto di circa il 10% e, in Paesi come gli Stati Uniti, rappresenta ormai quasi il 60% dell'apporto energetico quotidiano degli adulti.
I risultati dello studio
Per comprendere il potenziale ruolo di questi alimenti i ricercatori hanno seguito 29.105 donne con un'età media iniziale di 45,2 anni per un periodo di 24 anni.
Durante lo studio le partecipanti assumevano in media il 34,8% delle loro calorie giornaliere totali (circa 5,7 porzioni al giorno) da cibi ultra-processati.
Gli epidemiologi hanno documentato:
- 1189 casi di adenomi convenzionali a esordio precoce (potenziali precursori del cancro colorettale precoce);
- 1598 lesioni precancerose del colon di forma "seghettata", anch'esse a rischio di evoluzione tumorale. Non è, però, stata riscontrata un'associazione significativa tra l'assunzione maggiore di UPF e il rischio di svilupparle.
L'analisi dei dati ha rivelato che le donne con un maggiore apporto di cibi ultra-processati presentavano un rischio di sviluppare adenomi superiore del 45% rispetto a quelle che ne consumavano in misura minore.
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È fondamentale sottolineare che questi risultati si sono dimostrati coerenti anche dopo che i ricercatori hanno effettuato aggiustamenti per altri noti fattori di rischio.
L'associazione tra maggiore consumo di UPF e aumento del rischio di adenomi convenzionali non è stata influenzata dalla considerazione di fattori come:
- indice di massa corporea (IMC);
- diabete di tipo 2;
- fattori dietetici specifici (fibre, folati, calcio e vitamina D);
- punteggio dell'Alternative Healthy Eating Index–2010 (una misura della qualità generale della dieta).
Queste evidenze rafforzano l'evidenza del ruolo cruciale degli UPF (Ultra-Processed Foods) nella progressione tumorale del colon-retto in età giovanile e suggeriscono che il miglioramento della qualità della dieta è una strategia essenziale per mitigare il crescente impatto del cancro del colon-retto a esordio precoce.
L'autore senior, Andrew Chan, ha concluso: "I nostri risultati supportano l'importanza di ridurre il consumo di alimenti ultra-processati come strategia per mitigare il crescente peso del cancro del colon-retto a esordio precoce. L'aumento del rischio sembra essere abbastanza lineare, il che significa che più alimenti ultra-processati si consumano, maggiore è la possibilità che si formino polipi al colon."
Fonti:
JAMA Oncology - Ultraprocessed Food Consumption and Risk of Early-Onset Colorectal Cancer Precursors Among Women