L'aspirina in gravidanza (nota anche come cardioaspirina, aspirina a basso dosaggio o "aspirinetta"), può contribuire a ridurre il rischio di preeclampsia e di altre complicanze nelle gravidanze a rischio.
I ginecologi solitamente ne prescrivono una piccola dose quotidiana alle future mamme con determinati fattori di rischio.
Ciò detto, è bene precisare che l'uso dell'aspirinetta in gravidanza resta ancora controverso, malgrado le evidenze scientifiche ne abbiano evidenziato i benefici. È bene valutare quando è indicato, la durata della terapia, i rischi che può comportare a seconda del singolo caso.
Perché si dà la cardioaspirina in gravidanza?
L'aspirina a basso dosaggio si prescrive in gravidanza solo quando necessario per prevenire la preeclampsia e il ritardo della crescita fetale in donne ad alto rischio.
Le condizioni che giustificano il ricorso all’aspirina in gravidanza sono:
- pre-eclampsia (gestosi): la principale indicazione. L'aspirina è raccomandata soprattutto per le donne che hanno già avuto preeclampsia in una gravidanza precedente o che presentano altri fattori di rischio;
- disturbi della coagulazione (trombofilia, rischio trombotico): l'aspirina viene utilizzata per ridurre il rischio di formazione di trombi e complicanze tromboemboliche, soprattutto in donne con trombofilia o rischio trombotico aumentato;
- gravidanze multiple: le donne con gravidanza gemellare sono considerate a maggior rischio di preeclampsia;
- malattia renale: le donne con malattie renali pregresse considerate ad alto rischio;
- diabete: il diabete pregravidico aumenta il rischio di preeclampsia e di complicanze della gravidanza;
- ipertensione: l'ipertensione cronica è un fattore di rischio riconosciuto per la preeclampsia e il ritardo della crescita fetale;
- poliabortività (diversi aborti spontanei o altre perdite di gravidanza): l'aspirina può essere indicata in caso di tre o più aborti spontanei consecutivi (abortività ricorrente), soprattutto se associati a problemi di coagulazione.
Occorre sottolineare che l'uso dell’aspirina in gravidanza non è indicato come prevenzione di routine, ma solo in presenza di fattori di rischio ben definiti e sempre sotto stretto controllo medico. Inoltre, il dosaggio e la durata della terapia devono essere sempre stabiliti dal medico specialista.
Cos'è la cardioaspirina e i suoi usi in gravidanza nel dettaglio
La cardioaspirina non è altro che aspirina a basso dosaggio (in genere 75–150 mg al giorno, rispetto ai 300–500 mg di una compressa normale).
Dal punto di vista farmacologico è un antinfiammatorio appartenente ai FANS, ma a piccole dosi agisce perlopiù come antiaggregante piastrinico. Ossia, la sua funzione principale è quella di ridurre la capacità delle piastrine di aggregarsi e formare coaguli sanguigni.
La cardioaspirina in gravidanza serve a prevenire alcune gravi complicanze, come la preeclampsia e il ritardo di crescita del feto. Queste problematiche possono essere causate da un malfunzionamento della placenta, legato a una cattiva circolazione del sangue e alla possibile formazione di piccoli coaguli (trombi) nei suoi vasi sanguigni.
L'effetto dell'aspirina come "fluidificante" del sangue è sfruttato sia in cardiologia per prevenire infarti e ictus, sia in ostetricia per migliorare la circolazione sanguigna a livello placentare.
L’aspirina inibisce infatti la produzione di trombossano (TXA2), una sostanza che provoca vasocostrizione e aggregazione piastrinica, riequilibrando il rapporto con la prostaciclina (PGI2) che invece dilata i vasi e previene i coaguli.
In gravidanza, questo si traduce nel prevenire micro-trombosi nella placenta e migliorare l'apporto di sangue e ossigeno al feto, evitando così possibili problemi legati a un insufficiente funzionamento placentare.
Entriamo nel dettaglio con un focus sulle varie condizioni cliniche.
Preeclampsia (gestosi)
È una sindrome che può insorgere dopo la 20ª settimana con pressione alta e danni ad organi (ad esempio, reni e fegato). Può evolvere in eclampsia (convulsioni) e causare complicanze gravi sia per la madre che per il feto.
La preeclampsia non curata può portare al distacco della placenta, al ritardo di crescita intrauterino e nascita pretermine, basso peso alla nascita, morte perinatale. Riducendo la probabilità di sviluppare preeclampsia, l'aspirina riduce di riflesso anche il rischio di queste conseguenze.
Ritardo di crescita fetale
Questo ritardo può esser dovuto a una insufficienza placentare: migliorando la perfusione placentare (la quantità e la qualità del flusso sanguigno che arriva dalla circolazione materna alla placenta, fondamentale per garantire gli scambi di ossigeno e nutrienti tra madre e feto), la cardioaspirina aiuta a prevenire i casi in cui il feto non cresce in modo adeguato.
È stato osservato che iniziare l'aspirina nel primo trimestre può diminuire l'incidenza di ritardo della crescita fetale nelle gravidanze a rischio.
A sostegno di questo dato, una meta-analisi pubblicata su PubMed ha dato evidenza che l'assunzione di aspirina a basso dosaggio prima della 16ª settimana di gestazione riduce il rischio di restrizione della crescita intrauterina (IUGR) del 37% (il dato tecnico è RR 0.63).
Distacco di placenta
La preeclampsia e altri problemi della placenta aumentano il rischio di distacco prematuro della placenta.
Il distacco di placenta, chiamato anche abruptio placentae, è una condizione in cui la placenta si stacca prematuramente dalla parete interna dell'utero, prima della nascita del bambino. Normalmente la placenta rimane aderente all'utero fino al momento del parto, permettendo lo scambio di ossigeno e nutrienti tra madre e feto.
Il distacco può essere parziale (solo una parte della placenta si stacca) o totale (l'intera placenta si stacca). Questa separazione può verificarsi dopo la ventesima settimana di gravidanza.
Poliabortività (aborti ricorrenti)
In caso di aborti spontanei ripetuti dovuti a cause trombofiliche o immunologiche (come la sindrome da anticorpi antifosfolipidi), l'aspirina a basso dosaggio entra nel protocollo terapeutico per migliorare l'esito della gravidanza.
In queste situazioni, la cardioaspirina, talvolta associata a eparina, può aiutare a prevenire la formazione di microtrombi nella circolazione placentare precoce, per garantire il corretto impianto e sviluppo dell'embrione.
Per gli aborti spontanei ricorrenti senza cause coagulative note, l'aspirina non è considerata sempre efficace; va utilizzata solo su indicazione medica mirata.
Quali sono i fattori di rischio e come vengono individuati?
I fattori predisponenti che portano il medico a raccomandare la cardioaspirina sono legati a condizioni materne preesistenti, a informazioni o elementi raccolti dalla storia clinica della persona o, ancora, alle caratteristiche della gravidanza in corso.
Secondo le linee guida internazionali dettate dalla OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità – una donna rientra nelle indicazioni per l'aspirina se è presente almeno uno dei seguenti fattori ad alto rischio:
- storia di preeclampsia in una precedente gravidanza, specialmente se insorta prima del terzo trimestre o con esiti avversi (es. morte fetale, parto molto prematuro);
- ipertensione cronica (pressione alta preesistente alla gravidanza);
- diabete mellito pregestazionale (diabete di tipo 1 o 2 presente prima della gravidanza);
- malattie renali croniche;
- patologie autoimmuni (in particolare il lupus eritematoso sistemico o la sindrome antifosfolipidica, condizioni associate a alto rischio di preeclampsia e trombosi in gravidanza);
- gravidanza multipla (gemelli, trigemini, ecc., che sovraccaricano la placenta).
Vi sono poi fattori di rischio moderati che, se presenti in combinazione tra loro, possono far propendere il clinico per la prevenzione con aspirina.
Tra questi:
- prima gravidanza;
- età avanzata (oltre 35–40 anni);
- obesità (BMI ≥30);
- familiarità per preeclampsia (madre o sorella che l’hanno avuta);
- intervallo intergravidico molto lungo (oltre 10 anni dall'ultima gravidanza) o precedenti complicanze ostetriche (es. precedenti bimbi piccoli per età gestazionale).
Come si identificano le situazioni a rischio?
La valutazione del rischio viene fatta in via preventiva durante la gravidanza: già al primo controllo prenatale (intorno alle 8-12 settimane) il ginecologo o ostetrica raccoglie la storia personale e familiare della futura mamma, misura la pressione arteriosa e verifica la presenza dei fattori di rischio sopra descritti.
Oltre alla valutazione clinica dei fattori di rischio, ci si può avvalere di uno screening combinato per la preeclampsia nel primo trimestre (11-14 settimane).
Si tratta di un test che – simile al bitest per la sindrome di Down – combina vari parametri: esami del sangue materno (PAPP-A e PlGF, due proteine placentari), la misura della pressione arteriosa, alcuni dati anamnestici e un'ecografia delle arterie uterine (doppler uterino). Il test riesce a identificare circa il 90% delle donne che svilupperanno le forme più gravi e precoci di preeclampsia.
Potrebbe interessarti anche:
- Buscopan® in gravidanza: si può assumere oppure no?
- Melatonina in gravidanza, ecco cosa deve sapere la donna incinta
- Il cortisone in gravidanza si può assumere o è pericoloso?
Se una paziente risulta in alto rischio allo screening del primo trimestre scatta l'indicazione a iniziare la cardioaspirina il prima possibile (subito dopo la 12ª settimana), a un dosaggio di 150 mg/die, seguendo protocolli specifici che hanno dimostrato di ridurre l'incidenza della malattia.
In pratica, grazie a questi esami, il ginecologo può personalizzare la decisione di dare o meno l'aspirina, non basandosi solo sui fattori di rischio classici, ma anche su marcatori biologici e indici doppler che riflettono lo stato di salute della placenta in formazione.
Come assumere la cardioaspirina in gravidanza
Gli studi indicano che la massima efficacia preventiva si ottiene iniziando l'assunzione di aspirina a basso dosaggio tra la 11ª e la 16ª settimana di gestazione.
Le linee guida concordano nell'indicare la finestra temporale tra la 12ª e la 16ª settimana come il periodo ottimale per avviare la profilassi.
Iniziare la terapia prima della 12ª settimana è sconsigliato non solo perché la formazione della placenta è ancora nelle sue fasi iniziali, ma anche per minimizzare l'esposizione del feto a farmaci durante l'organogenesi, il periodo più delicato dello sviluppo.
Iniziarla dopo la 16ª-20ª settimana, d'altro canto, ne riduce l'efficacia perché i meccanismi che portano alla preeclampsia potrebbero essersi già innescati.
Solo in casi particolari, e sempre sotto indicazione medica, si può considerare un inizio tardivo della terapia (fino alla 28ª settimana), sebbene con un beneficio potenzialmente inferiore
Qual è la dose consigliata e come va assunta?
Il dosaggio di acido acetilsalicilico, principio attivo dell'aspirina, raccomandato in gravidanza per la prevenzione della preeclampsia è compreso tra 75 mg e 150 mg al giorno.
Spetta al medico prescrivere il dosaggio specifico (es. 100 mg o 150 mg) in base al profilo di rischio della paziente. Nei casi ad alto rischio, viene spesso preferito il dosaggio di 150 mg al giorno.
La compressa, specialmente se gastroprotetta, va deglutita intera con un po' d'acqua, senza masticarla. Per ridurre il rischio di fastidi gastrici, si consiglia l'assunzione dopo i pasti, ad esempio dopo cena
Quando assumerla e durata del trattamento
L'orario di assunzione ideale è la sera, preferibilmente prima di coricarsi. Assumere l'aspirina in orario serale potrebbe amplificare l'effetto anti-ipertensivo e antiaggregante nelle ore notturne (quando la pressione tende a subire variazioni). Inoltre, si riducono eventuali fastidi gastrici prendendola dopo cena.
Sulla durata del trattamento esistono due scuole di pensiero a livello internazionale, ma è importante sapere quale sia la pratica più comune in Italia.
Nella maggior parte degli ospedali italiani, si segue un protocollo prudenziale che prevede la sospensione dell'aspirina a basso dosaggio intorno alla 36ª – 37ª settimana di gestazione.
Questa pratica, concordata in relazione alle procedure anestesiche, vuole eliminare ogni potenziale rischio di sanguinamento al momento del parto, specialmente in caso di ricorso all'anestesia epidurale o spinale.
Altre linee guida internazionali, come quelle americane (ACOG), suggeriscono invece di continuare l'assunzione fino al giorno del parto. Questo protocollo si basa su studi che dimostrano come il basso dosaggio non aumenti i rischi emorragici, garantendo al contempo la protezione preventiva fino alla fine della gravidanza.
Possiamo concludere che la decisione finale spetta al ginecologo curante che conosce il caso specifico e, soprattutto, i protocolli dell'ospedale in cui è previsto il parto. Sarà lei o lui a dare l'indicazione definitiva su quando interrompere la terapia.
Cosa dicono gli studi medico-scientifici sull'aspirina in gravidanza
Le prove scientifiche a sostegno dell'uso dell'aspirina a basso dosaggio in gravidanza sono ormai solide e provengono da importanti studi e linee guida internazionali.
Uno degli studi più influenti è il trial ASPRE, condotto al King’s College Hospital di Londra e pubblicato sul prestigioso New England Journal of Medicine.
Questa ricerca ha dimostrato che somministrare 150 mg di aspirina al giorno, iniziando tra l'11ª e la 14ª settimana, riduce in modo drastico l'incidenza di preeclampsia pretermine (quella che si manifesta prima delle 37 settimane) nelle donne ad alto rischio.
Una recente meta-analisi pubblicata su PubMed che ha esaminato 28 diversi studi ha confermato questi benefici. Secondo i suoi risultati, l'aspirina a basso dosaggio (specialmente a dosi pari o superiori a 100 mg) iniziata prima della 16ª settimana quasi dimezza il rischio di preeclampsia pretermine e riduce di oltre un terzo il rischio di ritardo della crescita fetale.
Lo stesso studio, però, non ha trovato una riduzione statisticamente significativa del rischio di emorragia dopo il parto, confermando il profilo di sicurezza del farmaco.
Queste evidenze sono state recepite da importanti organismi internazionali. La U.S. Preventive Services Task Force (USPSTF), le cui raccomandazioni sono state riportate anche dall'Agenzia Italiana del Farmaco (AIFA), consiglia l'uso di aspirina a basso dosaggio nelle donne ad alto rischio a partire dalla 12ª settimana per ridurre l'incidenza di preeclampsia, di parto pretermine e di ritardo di crescita intrauterina.
Anche le linee guida italiane, come quelle della Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia (SIGO) e dell'Associazione Italiana Preeclampsia (AIPE), si allineano a queste conclusioni. Raccomandano l'inizio della profilassi con un dosaggio di 100-150 mg al giorno da iniziare preferibilmente intorno alla 12ª settimana, e comunque non oltre la 20ª, per garantire la massima efficacia.
Infine, per quanto riguarda la sicurezza, fonti autorevoli come l'Istituto di Ricerche Farmacologiche Mario Negri rassicurano sul fatto che, ai bassi dosaggi utilizzati in gravidanza, l'aspirina non è associata a rischi per il feto come la chiusura prematura del dotto arterioso di Botallo.
FAQ – Domande frequenti sull’assunzione della cardioaspirina in gravidanza
Vediamo alcuni dubbi ricorrenti riguardo l’assunzione di questo medicinale in gravidanza:
Ci vuole la ricetta per prendere l'aspirina in farmacia?
No, l'aspirina a basso dosaggio (o cardioaspirina) è un farmaco che può essere acquistato in farmacia senza obbligo di ricetta, ma questo non significa che la sua assunzione in gravidanza possa essere una scelta "fai-da-te". Al contrario, l'uso in gravidanza deve avvenire solo su prescrizione e sotto stretto controllo medico.
È il ginecologo, o lo specialista in medicina materno-fetale nei centri per gravidanze a rischio, a indicare la terapia dopo un'attenta valutazione dei rischi e dei benefici per la singola paziente.
Anche il medico di base può formalizzare la prescrizione su indicazione dello specialista, secondo le prassi del Servizio Sanitario Nazionale.
Che succede se un giorno ci si dimentica di prendere l'aspirina?
Non si deve prendere una dose doppia il giorno dopo. Si salta semplicemente la compressa dimenticata e si riprende la terapia normalmente la sera successiva.
L'efficacia della profilassi si basa sulla costanza a lungo termine, quindi dimenticare una singola dose non compromette l’efficacia complessiva del trattamento.
L'Aspirina C® e la cardioaspirina sono la stessa cosa?
Assolutamente no, non sono la stessa cosa e non vanno confuse. Usare il farmaco sbagliato può avere conseguenze gravi per il feto e la gravidanza. La differenza sta nel dosaggio del principio attivo (l'acido acetilsalicilico) e, di conseguenza, nello scopo e nei rischi.