"Soldi e felicità": un binomio sul quale si indaga da sempre, fin da quando esiste il denaro. È un argomento che naviga a vista tra il filosofico e l'empirico, al centro di riflessioni e dibattiti accesi.
Secondo alcuni esperti e ricercatori illustri, che operano nell’ambito della scienza sociale ed economica, se è vero che i soldi possono avere il potenziale di contribuire alla felicità, o per meglio dire al benessere mentale ed emotivo, è altrettanto vero che non sono in grado, da soli, di generarla o mantenerla nel tempo se vi sono condizioni di profonda infelicità o se mancano alcuni elementi che danno senso alla vita.
Il denaro da solo non può renderci felici, ma resta una risorsa che, se usata correttamente, può aumentare il b benessere e la soddisfazione personale. Dalle ricerche emerge che usare il denaro per comprare esperienze piuttosto che oggetti, per aiutare gli altri, per ritagliarsi più tempo per le proprie passioni, aumenta il benessere emotivo e psicologico.
Vediamo più nel dettaglio come questa relazione tra soldi e felicità continua a stimolare studi e riflessioni, e a quali conclusioni sono giunti i vari studi condotti nel tempo.
I soldi danno la felicità?
È indubbio che il denaro possa aiutare a stare meglio in tanti modi, ma come vuole la saggezza popolare "la felicità non si compra con i soldi."
È pur vero però, che i soldi danno sicurezza e aiutano a soddisfare i bisogni primari, fondamentali, e a togliersi anche qualche sfizio. Con i soldi ci si sente liberi e padroni delle proprio scelte, con un maggior controllo sulla vita.
Con i soldi, ci si può sistemare e si possono risolvere problemi pratici, affrontare a cuor leggero gli imprevisti che possono essere legati alla salute o ad altre urgenze. Il denaro, infine, è anche lo strumento che permette di realizzare obiettivi e desideri che stanno a cuore.
Nonostante ciò, in quale misura è possibile considerare il denaro come la fonte della felicità?
Per comprendere meglio il complesso rapporto tra denaro e felicità, nel tempo la scienza ha cercato di rispondere a questa domanda. Le ricerche di economisti e psicologi, come quelle di Richard Easterlin, Daniel Kahneman e Matthew Killingsworth, hanno fornito importanti spunti teorici ed empirici su come il reddito possa influenzare la felicità.
Vediamo nel dettaglio.
I soldi non fanno la felicità, secondo il Paradosso di Esterlin
Come dimostra il Paradosso di Easterlin (1974), anche conosciuto come "Paradosso della Felicità", l’opera di Richard Easterlin (1926-2024), i soldi non fanno la felicità quando mancano altri elementi. E tanti altri studi lo confermano, indicando i fattori che avrebbero un impatto determinante su questo stato dell'anima :
- gli amici, la famiglia, sentirsi parte di un gruppo sociale;
- la salute fisica e mentale;
- la possibilità di scegliere e la libertà di azione.
Dunque, è possibile concepire e vivere il denaro come un mezzo per raggiungere quegli obiettivi che possano migliorare e creare valore personale e relazionale, ma non come un fine in sé.
Il Paradosso di Easterlin in breve
Secondo l'economista statunitense, nonché professore emerito presso la University of Southern California, la prosperità economica migliora la felicità solo fino a un certo punto, superato il quale poi subentrano:
- un adattamento psicologico (hedonic treadmill), ovvero ci si abitua al piacere raggiunto considerandolo conosciuto e non più nuovo;
- e un innalzamento delle aspirazioni (satisfaction treadmill), lasciando invariata la soddisfazione soggettiva.
In parole povere: man mano che il nostro reddito aumenta, crescono di pari passo anche le nostre aspettative e i desideri di consumo. Quindi, anche se inizialmente un nuovo acquisto o un miglioramento delle condizioni economiche sono motivo di felicità, si finisce per abituarsi molto presto a questo nuovo standard, con la conseguenza che si torna al livello di soddisfazione precedente.
Per mantenere lo stesso grado di felicità soggettiva, secondo il Paradosso di Easterlin l'essere umano ha bisogno di piaceri o beni sempre più grandi e intensi.
E anche il confronto sociale (positional treadmill) influisce sul benessere percepito. Ossia il valore che diamo ai nostri beni può dipendere molto dal contesto relazionale e sociale. Il livello di soddisfazione è rapportato alla nostra visione di opportunità rispetto agli altri.
Per esempio, la felicità per il proprio stipendio potrebbe risentire del confronto con lo stipendio più alto di un collega. Ecco che il senso di soddisfazione personale viene condizionato dal confronto con chi percepisce una paga più alta.
Questo comportamento mentale è tipico della competizione all'origine dei conflitti interiori responsabili di innescare i meccanismi di invidia sociale e la corsa al possesso dei beni materiali.
Gli studi su soldi e felicità di Kahneman e Deaton (2010)
Studi successivi, come quello di Kahneman e del suo collega Angus Deaton, che identificavano un "plateau" della felicità intorno ai 75.000 dollari annui, confermano la teoria in base alla quale il denaro avrebbe un impatto limitato sulla felicità, oltre una certa soglia e in base al contesto individuale (difficoltà economiche o stress legati ai bisogni primari o secondari).
Secondo i due studiosi, questo plateau si verifica perché – superata la capacità di soddisfare i bisogni fondamentali e ottenere una certa sicurezza economica – altri fattori come le relazioni, il tempo libero e la salute diventano più rilevanti per la il benessere emotivo e mentale.
In pratica, la mancanza di denaro è, sì, associata a stress, salute peggiore, meno tempo libero e maggiore sofferenza emotiva, ma la felicità non tende ad aumentare se si guadagnano più soldi, una volta che le persone guadagnano abbastanza per andare oltre il soddisfacimento dei bisogni primari, e possono permettersi di acquistare una casa e un'auto, fare vacanze.
Dalle loro ricerche, però, Kahneman e Deaton hanno anche riscontrato che con il reddito, senza alcun plateau, aumenta la soddisfazione della vita. Quindi, un reddito maggiore aumenta il senso di appagamento, sebbene non aumenti la felicità.
Lo studio di Killingsworth (2021)
Ricerche più recenti, come quella di Killingsworth (2021), hanno messo in discussione questa soglia delineata da Kahneman e Deaton, suggerendo che la felicità possa continuare ad aumentare con il reddito anche a livelli molto elevati.
Lo studio di Killingsworth ha preso in esame un campione di 34.000 persone e oltre 1,7 milioni di dati raccolti in tempo reale attraverso un ping al giorno via smartphone, dimostrando che sia il benessere emotivo sia la soddisfazione della vita aumentavano con il reddito, senza evidenza di un plateau limitato a 75.000 dollari o ad altre soglie. Stando alle sue scoperte, con l'aumento del reddito aumentano i sentimenti positivi e diminuiscono quelli negativi.
Nonostante ciò, dallo studio è anche emerso che l'impatto del reddito varia: per chi è già molto felice, l'effetto positivo del denaro accelera oltre i 100.000 dollari; per i meno felici, invece, l'aumento della felicità si ferma intorno ai 100.000 dollari.
Il documento collaborativo di Kahneman e Killingsworth (2023)
Nel 2023, Kahneman e Killingsworth pubblicano un documento collaborativo (insieme alla professoressa Barbara Mellers dell'Università della Pennsylvania, che riconciliava i risultati contraddittori dei due studi stabilendo che nessuno dei due fosse del tutto corretto.
La teoria corretta rivede il rapporto felicità - soldi secondo questa visione:
Per la maggior parte delle persone (circa l'80%), avere più soldi rende più felici anche quando il reddito supera i 75.000 dollari all'anno. Tuttavia, per una minoranza di persone particolarmente infelici per motivi profondi (come problemi personali o emotivi), guadagnare di più aiuta a ridurre l'infelicità, ma solo fino a un certo punto, intorno ai 100.000 dollari all'anno. Oltre questa soglia, il denaro in più non porta miglioramenti al loro stato emotivo.
Quindi, in conclusione, se si è ricchi e infelici, avere più soldi non aumenta la felicità. Se è vero che per la maggior parte delle persone il denaro può contribuire alla felicità, per chi è già molto infelice, il suo effetto positivo resta limitato.
Lo studio delle popolazioni indigene sul rapporto reddito – felicità
Che la felicità non sia sempre e necessariamente legata ai soldi, lo suggerisce anche questa ricerca pubblicata su PNAS, condotta dall’Istituto di Scienza e Tecnologia Ambientale dell'Università Autonoma di Barcellona, sulle comunità indigene.
Dallo studio – condotto da un gruppo di ricercatori guidati da Eric Galbraith su circa 3.000 persone di 19 comunità indigene e locali in tutto il mondo – è emerso che il basso reddito economico della maggior parte di queste popolazioni con storie di emarginazione e oppressione, non è all'origine di problemi più grandi e frustranti al confronto con le persone di altre società più ricche.
Non esisterebbe, dunque, una correlazione diretta di causa ed effetto tra reddito e felicità. La qualità della vita, in buona sostanza, dipende da fattori non necessariamente legati al possesso e alla ricchezza materiale.
Il benessere come risultato di più fattori
Se le comunità indigene mostrano come il benessere possa derivare da fattori non economici, le istituzioni internazionali come l'OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) hanno cercato di tradurre questa idea in modelli pratici per misurare la qualità della vita. Attraverso iniziative come il 'Better Life Index', l'OCSE propone un approccio olistico al benessere che va oltre il PIL.
Secondo il rapporto "How’s Life?", il benessere è una condizione esistenziale influenzata da aspetti diversi, tra cui il reddito, la salute, l'istruzione, le relazioni sociali, l'ambiente, la sicurezza personale, un sano equilibrio tra lavoro e vita privata, l'impegno civico e la soddisfazione personale della vita.
Questi elementi sono stati sintetizzati in 11 indicatori (Better Life Index) utilizzati per misurare la qualità della vita nei 38 paesi membri e in alcuni paesi partner, nel segmento temporale 2020 – 2024.
Ad esempio, nei paesi nordici, come Finlandia, Svezia e Norvegia, alti livelli di occupazione, qualità del lavoro, salute e politiche sociali inclusive registrano una soddisfazione di vita tra le più alte al mondo.
Al contrario, nei paesi con un alto tasso di disoccupazione o in presenza di condizioni economiche molto difficili, come in molte nazioni africane, la soddisfazione di vita risulta inferiore a causa della povertà diffusa, disuguaglianze economiche e la carenza di servizi come istruzione e sanità.
La ricerca dell'OCSE sul benessere, in particolare il Better Life Index, è stata introdotta nel 2011 e viene aggiornata con regolarità.
Da questi studi e ricerche, ma anche dal buon senso, possiamo concludere che il denaro può migliorare le condizioni di vita, creando maggiori opportunità di benessere ambientale, fisico, emotivo e psicologico, ma non è necessariamente legato alla felicità, in presenza di condizioni particolarmente infelici, o quando manchino altri elementi importanti che hanno a che vedere con i sentimenti, le relazioni, la salute, la libertà di scegliere, non sempre risolvibili con il denaro.