Un’indagine pubblicata sulla rivista Cancer Research si avvale della combinazione di Intelligenza Artificiale e analisi genetica, attraverso al quale si può essere in grado di rilevare segnali di tumore alla prostata.
Vediamo di cosa si tratta.
L’andamento della ricerca
Attraverso un semplice esame delle urine, si può diagnosticare precocemente il cancro della prostata con altissima precisione: ad affermalo è il team di ricerca del Karolinska Institutet, il quale ha analizzato l'attività dei geni mRNA – la molecola che trasporta le informazione genetiche – in migliaia di cellule provenienti da tumori alla prostata, riuscendo a realizzare modelli digitali di questo tumore.
Ogni cellula è stata studiata non solo a livello genetico, ma anche in base alla sua posizione e al grado di avanzamento del cancro, creando così una mappa completa e precisa della malattia.
Tali riproduzioni sono state studiate con algoritmi di IA per individuare proteine utilizzabili come biomarcatori: le firme molecolari emerse sono state testate in campioni prelevati dai tumori, nel sangue e nelle urine di quasi 2.000 pazienti.
I risultati emersi sono estremamente promettenti: i biomarcatori presenti nelle urine urinari si sono rivelati i più affidabili, non solo nel rivelare la presenza del cancro, ma anche la sua gravità. Addirittura, questo test si è rivelato più preciso dell’esame del sangue attualmente utilizzato.
Si apre, quindi, uno scenario in cui è possibile individuare il tumore già nelle fasi iniziali, migliorando l'esito delle cure per quella che è una delle cause di morte più comuni per gli uomini.
PSA Vs Test delle urine
Secondo il principale firmatario dello studio, il Dr. Mikael Benson, esistono diversi vantaggi nella misurazione dei biomarcatori nelle urine.
Prima di tutto – afferma – non è un test invasivo: a differenza della biopsia prostatica, l’esame delle urine è semplice e totalmente indolore. Si ha, poi, una maggiore precisione, grazie all'integrazione di IA e trascrittomica spaziale (che consente una diagnosi più accurata rispetto al test PSA).
Un altro lato positivo è quello di ridurre i falsi positivi/negativi: la capacità di distinguere tra tumori aggressivi e non aggressivi riduce il rischio di trattamenti inutili. Infine, il campione raccolto può essere analizzato nei normali laboratori clinici, senza necessità di strumenti complessi o procedure costose.
Invece, il test del PSA (Antigene Prostatico Specifico), lo strumento maggiormente utilizzato per la diagnosi precoce, presenta limitazioni significative: può generare falsi positivi o negativi, portando a diagnosi errate e, in alcuni casi, a trattamenti non necessari. Inoltre, non è sempre in grado di distinguere tra tumori aggressivi e forme meno pericolose, rendendo difficile decidere il percorso terapeutico più appropriato.
Il team di ricerca fa sapere che sono in corso studi clinici su larga scala per testare l'efficacia dei nuovi biomarcatori in ambito reale. Se confermati, questi risultati potrebbero portare a una rivoluzione nello screening e nella diagnosi del tumore alla prostata, migliorando la qualità della vita dei pazienti.